20 ottobre 2008

Artemisia


[Autoritratto come allegoria della Pittura, 1638-39]

Artemisia Gentileschi, pittrice vissuta tra il XVI e il XVII secolo, sembra essere passata alla storia più per lo scandalo intorno alla sua vita che per le sue doti, il suo talento, la sua coraggiosa dedizione all’arte. Artemisia era figlia del pittore Orazio Gentileschi, allievo della scuola di Caravaggio. E di caravaggesche tensioni sembra essere segnata la vita di questa famiglia. Quando aveva appena 15 anni, Artemisia viene violentata dal suo insegnante di prospettiva (che di anni ne aveva 32). Lo scandalo, all’epoca, non fu tanto lo stupro in sé, quanto il fatto che l’insegnante si sottrasse ad un matrimonio riparatore. E per forza! Non solo era già sposato, ma aveva anche una relazione con la sorella della moglie (cosa che all’epoca era considerata giuridicamente incesto).

Orazio Gentileschi ricorse in giudizio e ottenne il processo.


Come la storia ci insegna, uno stupro reca con sé molte altre offese, altrettanto dolorose e umilianti. Così allo stupro si aggiunse l’altra violenza, quella del processo e a quest’ultima la tortura. Durante il processo, infatti, Artemisia dovette ripetere le accuse sotto tortura che consisteva, secondo un usanza molto in voga in quegli anni, nello schiacciamento dei pollici.

[Susanna e i Vecchioni, 1610]


Ma cosa mai sarà passato in quella giovane mente? Cosa vedevano gli occhi e il cuore di Artemisia che le altre donne, costrette nelle rigidissime regole sociali del tempo, non vedevano?

Cosa hanno trovato gli occhi di Artemisia in quei corpi così sensuali e talvolta così sofferenti?

Quale terrore deve aver provato sottoponendosi allo schiacciamento dei pollici, e rischiando così di compromettere per sempre la sua possibilità di dipingere!


Non a caso quella di Artemisia è assurta, nella storia femminista, a figura simbolo della trasgressione di regole che negavano alla donna qualunque facoltà di espressione, in qualsiasi ambito figuriamoci nell’Arte! Riservata non solo agli uomini ma, all’interno di essi, a pochi eletti.

E Artemisia riprende a dipingere. Dipinge e ottiene, prima donna nella storia, di essere ammessa all’Accademia del Disegno di Firenze. Diventa importante, non solo a Roma ma anche a Londra, dove lavora per l’aristocrazia e la Corte. Dipinge e cambia la sua vita, per necessità, per sfuggire alla sua tormentata vicenda. Si sposa, un matrimonio combinato dal padre. Dipinge e la sua rabbia, il suo dolore riempiono le tele…E il nostro sguardo non può sottrarsi a quella potenza.

[Giuditta che decapita Oloferne, 1612-1613]


La prima volta che ho visto un quadro di Artemisia, agli Uffizi a Firenze tanti anni fa, non solo ne sono rimasta rapita ma ricordo di aver pensato che mai più nella storia ci sarebbe stata una come lei.

Perché gli eventi, se mai si ripetono, portano con sé i mutamenti delle epoche storiche…Quella intensa passionalità si produce solo in determinate condizioni, di lotta, di privazione, di sfida alle regole, di vibrazione pura che nel tempo, mi sa, si va perdendo?


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