31 agosto 2010

augurarsi

Qualche giorno fa, durante una chiacchierata sui tempi che corrono, un amico mi ha chiesto a bruciapelo

“Tu cosa ti auguri?”

…Lui era molto abbattuto, io molto stanca.

Avrei voluto una domanda di riserva perché ad augurarsi qualcosa si finisce col sentirsi sfacciati …

A voler esprimere auspici, amico mio, io mi auguro proprio le cose terra terra, quelle banali…Anche se quello che ti auguri, in genere, cambia come il vento in quest’isola di vento.


Con tutta me stessa mi auguro sempre, per esempio, che ci sia il senso del perdono, tra chi decide le sorti del pianeta, come tra chi si scambia errori e mancanze umane. Poiché tutti, davvero, abbiamo i nostri alibi e le nostre ragioni…

Mi auguro che le distanze si colmino, che si tenda al ricongiungimento e sempre meno alla separazione. Mi auguro che quando arriva il Generale inverno tutti abbiano un tetto sulla testa e qualcosa di caldo da mandare giù e, già che ci siamo, anche qualcuno da abbracciare per scacciare il freddo di dentro. Pure se un abbraccio a volte è più difficile da ricevere di un piatto di pasta.

Mi auguro che si arrivi a poter curare tutte le malattie, in tutte le parti del mondo. Non voglio dimenticare che in troppi paesi si muore ancora di malaria e di fame, che sono malattie curabilissime in questa parte sprecona del mondo. Non so cosa augurare a tutti quelli che sono responsabili dei mancati finanziamenti alla Ricerca, oggi la mia rabbia va a loro, ma ad augurare cose brutte non ci sono buona.


Che se cado ci sia sempre qualcuno che mi aiuti a rialzarmi. Non sono cose che si danno per scontate, queste. Allo stesso modo mi auguro di non ignorare mai una richiesta di aiuto, di non distrarmi mai così tanto.

Auguro alla mia vita di conoscere una stabilità, perché sono troppo stufa.

Mi auguro che la parola odio sparisca dal linguaggio così che neanche la mente ne tenga traccia. Mentre vorrei che l’affetto e la cura diventassero istintivi. Come qualcosa che per forza va così e non può andare in nessun altro modo.


Ci sono piccole e grandi cose che possiamo augurarci e questi che ho detto sono certo gli auguri di tutti. Meglio così.

Voglio pensare che augurarsi qualcosa sia già tendere verso il suo compimento.

22 agosto 2010

...vicina e partecipe...



a Marina e Francesca

18 agosto 2010

ricci

Ho sempre saputo che il riccio è un animale crepuscolare e notturno, invece dall’inizio dell’estate ne ho già trovati 3 e gli ultimi 2 al mattino. Un po’ scossi dall’abbaiare dei cani ma apparentemente a loro agio. I cani non si mostravano ostili, solo la piccola Didì un po’ incuriosita. Per sicurezza, ogni volta, li riparavo in giardino dove i cani non hanno accesso.

Li salvavo ma poi stavo in ansia…Le femmine, che in genere partoriscono nel periodo estivo, mandano via i maschi (forse per procacciare il cibo)…io avevo paura di aver imprigionato il maschio e che magari la femmina stava lì con i piccolini ad aspettarne il ritorno.

Ma a volte vai a vedere la qualità delle informazioni che andiamo raccogliendo…Mi documentavo, leggevo notizie sempre diverse, da libro a libro, da un sito ad un altro, chi sosteneva che il riccio non scava e non si arrampica e chi affermava il contrario. Ho letto da qualche parte che sono attratti dalle crocchette per i cani e che ne sono ghiotti, e questo penso sia il motivo per cui si avvicinano così tanto alla casa. Ma soprattutto ho scoperto che talvolta si arrampicano eccome! Un vecchio contadino mi ha raccontato di averlo visto coi suoi occhi non solo salire sull’albero di mele ma prendere i frutti con gli aculei!!! :-))))

Cosa darei per vedere una scena del genere!

Notizia molto rassicurante, non ho separato nessuna famiglia ma anzi, d’ora in poi sogno caldi (e spinosi) ricongiungimenti.

Se non fossi stata così ignorante mi sarei risparmiata pensieri d’ansia per i ricci in giardino!

bellissimo quel musetto che mentre facevo la foto si muoveva ad annusare le crocchette!

13 agosto 2010

mese antipatico

Agosto non mi è mai piaciuto particolarmente. Quando poi ho capito che non sarebbero tornati i lunghi campeggi di vita selvaggia, ho cominciato a patirlo.

L’estate mi piace, ma questo mese di sospensione, dove tutto sembra fermarsi, tranne le invasioni barbariche, questo mese in cui se ti si rompe qualcosa puoi vedere arrivare la tua disperazione al culmine della sua potenza, mi è nemico.

Tutto chiuso. Tutti in ferie. Tutti fuori.

Esodo e controesodo tuonano implacabili da radio e tv come ogni estate.

Ovunque, nelle strade deserte della città, il minaccioso cartellino che indica la chiusura da…a…

Per chi è affetto da sindrome di continuità (esisterà di sicuro) è un bel dramma.

Chi resta…a casa, in città, in campagna, in collina, al mare…chi resta dove sta tutto il resto dell’anno deve quasi abituarsi a non esistere, e si sente più solo della particella di sodio di quell’acqua lì. Chi resta deve organizzarsi come se ugualmente dovesse partire….Non si sa mai…

I forzati del lavoro lavorano.

E gli sbarchi sulle coste ci sono lo stesso, anche sotto cieli di stelle cadenti che ascoltano desideri impossibili. Continuano le violenze ai danni delle donne e continuano (o aumentano a dismisura in questo mese?) gli idioti alla guida che pensano di vivere dentro un video-game.

Agosto per me è nemico. Lui lo sa e me l’ha sempre fatta pagare. Ci siamo reciprocamente antipatici. Per tentare di trovare la nota positiva in ogni cosa mi dico che, come di un boccone da ingoiare per forza, ne ho già mandato giù la metà!


[…] Ma la giornata mi aveva già chiamato. E cosa faccio,

vado? Smanioso azzurro che vuole essere

occupato. Ma a occupare il giorno

non abbastanza voluminosa sono,

alla piccola sera mi dispongo

a un più modesto compito.

Però, le baldanzose nuvole che avanzano!


[da Patrizia Cavalli, Pigre divinità e pigra sorte, Einaudi, c2006]

6 agosto 2010

certe case

Di ritorno da un giro lungo la costa occidentale della mia isola, ho voluto fare tappa a Ghilarza per visitare la casa di Antonio Gramsci.

Certe case ti restano dentro come chi le ha abitate, e a volte ti raccontano più delle persone stesse…


E’ una casetta piccola e umile, sebbene per l’epoca la casa di persone benestanti.

A fare da guida, un giovane studente molto ben documentato, entusiasta e disponibilissimo.


Si rimane incantati ad osservare la lucidità intellettuale con cui Gramsci, da recluso, redigeva anche solo le bozze del piano della sua opera, da quella grafia ordinata e chiara, oltre che ovviamente dalla sua integrità e coerenza. Nel cortile, è stato possibile reimpiantare la stessa vegetazione, negli stessi identici punti, grazie alle dettagliatissime descrizioni che Gramsci ha lasciato.


Durante la visita guidata ero emozionata e incuriosita, rivolgevo domande alla guida e mi soffermavo su ogni dettaglio. Poi…quando sono andata via, è calato un silenzio sordo dentro di me.

Gramsci avrebbe finito la sua pena il 21 aprile del 1937 ma non conobbe neanche un giorno di libertà, patì in una clinica per 6 giorni fino alla morte. Era molto malato, si sa…però non ho potuto fare a meno di angustiarmi e fissarmi sul fatto che non abbia potuto conoscere un solo giorno di libertà, niente.

Il 27 aprile la sua famiglia attende il suo rientro in Sardegna e quella stessa sera Gramsci muore.

Il ragazzo che faceva da guida ci ha detto che su 40 visitatori, quel giorno, noi eravamo stati gli unici italiani.