25 novembre 2009

sabbia mobile

Ringrazio sempre, intimamente o apertamente, chi mi commuove.

La commozione mi piace, fa bene, perché aiuta a stare a contatto col proprio essere…

Kseniya Simonova è una giovane artista ucraina (24 anni) che racconta le sue storie con la tecnica del Sand Painting.

Kseniya mi commuove sempre, la sua arte che è talento, sensibilità, memoria fa fiorire commozione e meraviglia.

La tecnica è questa: lavora con un grande tavolo luminoso sul quale riversa una certa quantità di sabbia che diventa il foglio, la tela sulla quale le sue abili dita si muovono e dipingono storie.

In questo lavoro, particolarmente toccante, racconta l’invasione della sua terra da parte della Germania durante la Seconda guerra mondiale.



20 novembre 2009

quiete


[disegno per Tiziana ©Arnicamontana]

Da piccola mi piaceva ascoltare i rumori di una casa affollata. Il silenzio era solo per la notte, il giorno recava con sé suoni di ogni genere e voci, diverse, che avevano umori distanti.

La casa che mi ha vista crescere offre spietata i miei cambiamenti, spinge i ricordi e mi abbraccia.

Quando mi ammalavo mia mamma mi portava la spremuta e un numero di Diabolik, mi sentivo così viziata per quei due semplici gesti! Rannicchiata sotto le coperte ascoltavo le voci attutite e mi piaceva seguire quel filo di normalità dal quale ero esclusa. Ma la cosa più bella era ascoltare il sonno delle persone amate, il tranquillo riposo di tutto ciò che mi rassicurava e mi faceva sentire al riparo.


Adesso, a distanza di anni, mi ritrovo ad ascoltare il silenzio della campagna, che di notte è davvero speciale. Niente respiri e voci all'interno, ma il riparo che mi sono costruita mi piace allo stesso modo e del mio amore mi veste.


Alla fine credo che qualunque sia il percorso, appena possiamo, arriviamo alla dimensione che più ci somiglia.


(Arnica dopo una notte insonne)


17 novembre 2009

Sprechi

Mentre in questi giorni si svolge a Roma il vertice della FAO sulla sicurezza alimentare, mi piace ricordare la storia di Tristam Stuart, un giovane ricercatore inglese che all’età di 15 anni decide di allevare una scrofa (!). Nell’intento di risparmiare sui mangimi per nutrirla inizia a recuperare gli scarti delle mense scolastiche o dei negozi del paese. Se ogni esperienza ha qualcosa da insegnarci, Tristam Stuart impara dalla sua quanto spreco c’è nel mondo, così inizia a mangiare scarti gratuiti, alimenti ancora perfettamente commestibili ma scartati. Comincia ad estendere la sua ricerca per molti anni in tutto il mondo, intervista allevatori e responsabili di grandi industrie, comuni cittadini con idee innovative…vuole testimoniare quanto della catena alimentare viene sprecato. In questo mondo che vive ancora e sempre il dramma della fame e della povertà estreme. Questo mondo povero e sciupone.

E’ recentemente uscito un libro in cui racconta la sua esperienza, la sua militanza nel freeganismo… [Tristam Stuart, Sprechi, Bruno Mondadori, 2009]


“[...]mangiare gli scarti non è una soluzione, è stata per me una provocazione, una forma di protesta: una maniera per dimostrare che quel cibo non dovrebbe essere buttato via[...]”.


…e l’uomo è ciò che mangia, o ciò che spreca?

I 17mila bambini che muoiono al giorno pesano su tutti, pesano in special modo sui paesi ricchi che hanno la faccia tosta di piangere la crisi. Pesano sulle parole di scandalo lanciate dal papa dal suo palazzo d’oro. Può esserci crisi peggiore della morte per fame?

il mio albero preferito

oggi
il mio albero preferito compie 86 anni
e io urlo al mondo i miei auguri per lei :-))))

11 novembre 2009

Tentare la vita

[Edgar Degas, L'Absinthe, 1876]


Carmela è una donna piccina, sulle spalle ricurve puoi vederci il peso non tanto degli anni ma delle umiliazioni e delle rinunce, il peso dell’indifferenza e del disamore…Eppure Carmela ha un sorriso per tutti, ricchi e poveri, grandi e piccini…Ha un sorriso che sa di colpa per una vita stramba che le si è incollata addosso come quel vizio assurdo. La vedo tutti i giorni, tra la schiera dei disperati cercatori di fortuna, no Carmela…il tuo sguardo non può stravolgersi così e diventare untuttuno con la videata di quelle macchinette succhia soldi. Il tuo sguardo è dalla bellezza che dovrebbe essere rapito…Ha convinto anche i nipoti a tentar la fortuna, ché se no se le scordano le comodità che hanno tutti gli altri. Gioca di nascosto Carmela, l’ho sentita bisbigliare l’altro giorno al suo vicino di videogioco che “se me lo sa mio maritoooo…..”.


Carmela girati, guardami…oggi voglio dirti di più, oggi ricambiare convenevoli non mi basta, oggi vorrei stringerti, coglierti di sorpresa con un sorriso inatteso e portarti via da quella tentazione che ti ha preso la testa, vorrei dirtelo che ti stanno fregando un’altra volta, che questo Stato si rende complice ipocrita della tua malattia e di quella di tutti i disperati che non ce l’hanno fatta a misurarsi con l’ambizione di giorni migliori. Le dipendenze si possono curare Carmela, dicono così anche se io non posso promettertelo. Però la sento la tua vergogna, la tua colpa, e la tua smania.

Ma cosa posso io? Mi sento inutile di fronte al messaggio martellante che si può migliorare la propria vita senza doversi conquistare assolutamente nulla, senza studiare, fare progetti, sputare sangue per perseguirli…di fronte a questo modello di futuro posso solo opporre il mio disgusto, e basta.


Cosa posso io di fronte a win for life che ti promette un vitalizio per 20 anni?



7 novembre 2009

chiaroscuro

Prima parte della giornata


In “Credevo fosse amore invece era un calesse”… Massimo Troisi soffre per la donna amata e si confida, si sfoga con gli amici pescatori. Quelli, per indurlo alla rassegnazione, gli raccontano con significativi particolari di averla vista con un altro: “si bbracciavano Miché…si baciavano!!!”

e lui sbigottito: “Ma chi ve l’ha chiesto di essere così sinceri???!!!”.


Ecco, così. Quante volte mi capita di formulare tra me e me quella domanda…Quando mi trovo con quel certo tipo di persone che esprimono sincerità a oltranza. Sincere a prescindere.

Non che preferisca le menzogne (quelle no!), però un sano tacere in certi momenti…

Così c’è chi ferisce impunemente e allegramente. E sentenzia e interroga. Se provi a farlo notare, talvolta a supplicare con lo sguardo un po’ di delicatezza non solo sei una persona ingrata ma passi pure per permalosa…La discrezione e la delicatezza non sembrano trovare tanto spazio nell’animo umano, grazieaddio non di tutto l’animo umano. Ecco, rifuggo i cinici e gli indiscreti, quelli che fanno domande dirette auto-autorizzandosi, quelli che vogliono andare a parare lì, dove tu sei vulnerabile. Tempo fa, in una di quelle presentazioni in power point che piombano nelle caselle elettroniche e che trasudano saggezza da tutti i pixel, mi colpì questo pacifico suggerimento: quando qualcuno ti rivolge una domanda e tu non vuoi rispondere, chiedi sorridendo “Perché lo vuoi sapere?”

Quante volte ho immaginato la scena! Quanto deve essere bello…Non ci sono mai riuscita. Come una stupida, mi preoccupo di non far fare brutta figura al curiosone!

Quand’ero piccola sentivo dire che la curiosità denota intelligenza e forse pensavo che se non avessi tempestato tutti di domande sarei risultata una minus habens, quindi mi esercitavo parecchio. Sicuramente rivolgendo anche domande indiscrete, come sanno e possono fare i bambini.


La curiosità è un motore, una spinta, un ottimo stimolo, la curiosità è sacra…non l’indiscrezione! Mh!


Seconda parte della giornata…


Nella noia di un passaggio a livello chiuso studio attentamente ogni dettaglio intorno a me, gli Ailanthus alti e robusti, la terra intorno ai binari che genera piante carnose e ancora bagnate dalla pioggia notturna. Guardo quelle foglie che mi trasmettono umidità e freddo e voglia di stare sotto le coperte quando, come un’allucinazione, vedo spuntare un musetto bianco. Guardo e mi sporgo incredula, è proprio un cagnetto! Prego che il treno non passi proprio in quel momento, e subito scopro che non è solo, c’è la mamma e altri due cuccioli, hanno un riparo e sono al sicuro. A quel punto prego che il treno non passi, non più timorosa per la loro incolumità ma perché sarei rimasta lì a guardarli per ore.

Sono andata via contenta perché ogni giorno potrò vederli e forse potrò anche avvicinarmi. Una semplice visione che ha mandato all’aria le mie idiosincrasie sulle domande e la sincerità e mi ha fatto ricordare che il buono e il malvagio possono presentarsi e alternarsi in uno stesso giorno.

L’importante è dare il giusto peso ad entrambi… facile no?


1 novembre 2009

mors tua...

Pensavo in questi giorni che quando uno Stato firma per la rogatoria contro la pena di morte è alla vita che inneggia, è la sacralità della vita che celebra…

E come chiamare allora uno Stato in cui la vita è continuamente compromessa?

Uno Stato che si fa garante della sicurezza sul posto di lavoro e che seppellisce centinaia di morti sul lavoro, che chiamano morti bianche…

Uno Stato che si fa garante della sicurezza dei cittadini, anche quelli dentro le carceri, quelli che dovrebbe “custodire” e “cautelare”, e che alleva dentro le mura secondini giustizieri…

E le morti in ospedale, per malasanità?

Le morti di quella parte di umanità che diventa irregolare?


La vita non è importante per tutti e ovunque in questo strano Paese.


La sacralità della vita sembra valga solo quando è sul corpo delle donne che si vuole decidere…


Stefano Cucchi è solo l’ultimo in ordine di tempo…

Mi lascia sgomenta il silenzio diffuso sulle troppe morti nelle carceri italiane che chiedono verità. Mi amareggia che anche i giornalisti attenti e orgogliosamente schierati non ritengano opportuno dedicare all’argomento una o più puntate (e non appena 3 minuti en passant dedicati alla sorella dell’ultima vittima in carcere)…

La libertà nel giornalismo non dovrebbe includere anche quella di occuparsi soprattutto di ciò che non viene alla luce, oltre (e non solo) degli ultimi torbidi scandali di potere?