- Il cibo è strettamente legato alla sfera emotiva 4 (26%)
- è puro soddisfacimento di bisogni fisiologici 3 (20%)
- è un approccio edonistico alla vita 6 (40%)
- è legato alla sfera sessuale 3 (20%)
- è un momento di condivisione 7 (46%)
- è una forma di accettazione della vita 2 (13%)
- la scelta del cibo rivela ciò che siamo 7 (46%)
- altro 3 (20%)
29 febbraio 2008
Fame d'amore
21 febbraio 2008
19 febbraio 2008
Riconoscimento speciale!
Assegnato da Frida
E così...senza neanche battere ciglio...ho avuto questa bella sorpresa dall'amica Frida! Esattamente come chi me l'ha assegnato, ho scarsissima dimistichezza con i premi in genere...e però... come non sentirsene lusingata? Al di là del premio in sè, è ovviamente l'attenzione che si conferma ad emozionarmi stasera. Non pensavo di arrivare a nessuno, visito blog dove trovo decine e decine di commenti e il mio è così...disadorno di commenti! Poi, lo so, non sempre commentiamo ciò che ci piace, talvolta i pensieri e le parole degli altri meriterebbero più spazio e quindi alla fine lasciamo perdere rinunciando al commento.
Sono una persona molto riservata, non amo essere notata, e in questo mio stile anche lo scarso via vai dei visitatori virtuali ci stava bene. Non è un cruccio ma, sempre, motivo di riflessione.
Frida mi assegna questo glorioso riconoscimento con queste parole
Lei è Arnica Montana"
"Premio D eci e lode"
Che cos'è?
"D eci e lode" è un premio, un certificato, un attestato di stima e gradimento per ciò che il premiato propone.
Come si assegna?
Chi ne ha ricevuto uno può assegnarne quanti ne vuole, ogni volta che vuole, come simbolo di stima a chiunque apprezzi in maniera particolare, con qualsiasi motivazione sempre che il destinatario, colui o colei che assegna il premio o la motivazione non denotino valori negativi come l'istigazione al razzismo, alla violenza, alla pedofilia e cosacce del genere dalle quali il "Premio D eci e lode" si dissocia e con le quali non ha e non vuole mai avere niente a che fare.
Le regole:
1. Esporre il logo del "Premio D eci e lode", che è il premio stesso, con la motivazione per cui lo si è ricevuto. E' un riconoscimento che indica il gradimento di una persona amica, per cui è di valore (nel post originario c'è il pratico "copia e incolla");
2. Linkare il blog di chi ha assegnato il premio come doveroso ringraziamento;
3. Se non si lascia il collegamento al post originario già inserito nel codice html del premio provvedere a linkarlo (nel post originario c'è il pratico "copia e incolla");
4. Inserire il regolamento (nel post originario c'è il pratico "copia e incolla");
5. Premiare almeno 1 blog aggiungendo la motivazione.
Queste regole sono obbligatorie soltanto la prima volta che si riceve il premio per permettere la sua diffusione, ricevendone più di uno non è necessario ripetere le procedure ogni volta, a meno che si desideri farlo. Ci si può limitare ad accantonare i propri premi in bacheca per mostrarli e potersi vantare di quanti se ne siano conquistati.
Si ricorda che chi è stato già premiato una volta può assegnare tutti i "Premio D eci e lode" che vuole e quando vuole ( a parte il primo), anche a distanza di tempo, per sempre. Basterà dichiarare il blog a cui lo si vuole assegnare e la motivazione. Oltre che, naturalmente, mettere a disposizione il necessario link in caso che il destinatario non sia ancora stato premiato prima.
Grazie Friduccia!
E così, con tutto il cuore, assegno anche io , a mia volta, il premio ad una persona speciale che illumina i giorni e le pagine, che ci fa camminare sulla pelle delle sue parole...Dedico e assegno il premio D eci e lode a una presenza opportuna
15 febbraio 2008
Non c'entra niente
Non ci credo che l’amore arriva quando meno te l’aspetti.
Era selvaggio e selvatico, era di elicriso ai bordi del mare, di eriche fiorite e salsedine, era di vento. Vento, soprattutto.
7 febbraio 2008
Ricordi [1]
Ricordo
Dal latino re-cordis
Ri-passare dalle parti del cuore
[Eduardo Galeano]
Ci sono foto che confermano e sottolineano ricordi.
Immagini che scaldano il cuore e gli fanno compagnia. Che fanno sorridere per “come eravamo” o perché fanno riemergere belle sensazioni.
Ci sono foto che si conservano comunque ma che si vorrebbe non guardare più, che mille volte si è stati tentati di strappare addirittura, senonchè…le foto e i diari non si bruciano! E loro sono lì, accantonate magari, che ad aprire vecchie ferite fanno un rumore sordo.
Ma ci sono ricordi, che non hanno immagini. Sopravvivono nella nostra memoria perché decidiamo di fargliela abitare, la memoria.. Ci sono ricordi che spuntano, di tanto in tanto, si affacciano su questi tempi così…cambiati, e secondo me si stupiscono!
Oggi, tutto fuori è agitazione (a volte vacua), si sciolgono le Camere e si decide la data delle prossime preoccupanti elezioni. Con la giornata primaverile che incombeva sugli animi, la mia memoria mi ha regalato questo ricordo.
La vecchina che in piena estate veniva a pettinare la lana dei materassi e dei guanciali.
Era una festa di mani. Di mani nodose e veloci. Era una festa di gesti abili e antichi.
E guardavo la lana e, insieme, i capelli raccolti della vecchina, chè sembravano di lana anche quelli.
Quelle sere d’estate gli uomini, i vicini, tornavano dalle campagne portando prelibatezze introvabili in commercio, tipo i ceci freschi e i pezzi di favo appena staccati dalle arnie, grondanti miele da succhiare. Dopo cena, le donne sedevano sull’uscio di casa, al fresco, (dov’erano gli uomini non lo so!) e raccontavano di storie lontane nei tempi. Alcuni di noi, bambini, si sbizzarrivano a giocare a Nascondino, altri venivano ammaliati dalle storie.
Nelle sere d’estate quasi tutto poteva essere concesso.
Così penso…niente foto. Solo un disegno, oggi, mi restituirebbe quelle immagini da guardare.
Ma è meglio così.
Fissare le cose, a volte
Non serve
6 febbraio 2008
"Odio gli indifferenti" (Antonio Gramsci)
Odio gli indifferenti. Credo come Federico Hebbel che "vivere vuol dire essere partigiani" . Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e parteggiare. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.
L'indifferenza è il peso morto della storia. E' la palla di piombo per il novatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che recinge la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scora e qualche volta li fa desistere dall'impresa eroica.
L'indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. E' la fatalità; e ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che si ribella all'intelligenza e la strozza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, il possibile bene che un atto eroico (di valore universale) può generare, non è tanto dovuto all'iniziativa dei pochi che operano, quanto all'indifferenza, all'assenteismo dei molti. Ciò che avviene, non avviene tanto perché alcuni vogliono che avvenga, quanto perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia fare, lascia aggruppare i nodi che poi solo la spada potrà tagliare, lascia promulgare le leggi che poi solo la rivolta farà abrogare, lascia salire al potere gli uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. La fatalità che sembra dominare la storia non è altro appunto che apparenza illusoria di questa indifferenza, di questo assenteismo. Dei fatti maturano nell'ombra, poche mani, non sorvegliate da nessun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa. I destini di un'epoca sono manipolati a seconda delle visioni ristrette, degli scopi immediati, delle ambizioni e passioni personali di piccoli gruppi attivi, e la massa degli uomini ignora, perché non se ne preoccupa. Ma i fatti che hanno maturato vengono a sfociare; ma la tela tessuta nell'ombra arriva a compimento: e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia che un enorme fenomeno naturale, un'eruzione, un terremoto, del quale rimangono vittima tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. E questo ultimo si irrita, vorrebbe sottrarsi alle conseguenze, vorrebbe apparisse chiaro che egli non ha voluto, che egli non è responsabile. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi anch'io fatto il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, il mio consiglio, sarebbe successo ciò che è successo? Ma nessuno o pochi si fanno una colpa della loro indifferenza, del loro scetticismo, del non aver dato il loro braccio e la loro attività a quei gruppi di cittadini che, appunto per evitare quel tal male, combattevano, di procurare quel tal bene si proponevano.
I più di costoro, invece, ad avvenimenti compiuti, preferiscono parlare di fallimenti ideali, di programmi definitivamente crollati e di altre simili piacevolezze. Ricominciano così la loro assenza da ogni responsabilità. E non già che non vedano chiaro nelle cose, e che qualche volta non siano capaci di prospettare bellissime soluzioni dei problemi più urgenti, o di quelli che, pur richiedendo ampia preparazione e tempo, sono tuttavia altrettanto urgenti. Ma queste soluzioni rimangono bellissimamente infeconde, ma questo contributo alla vita collettiva non è animato da alcuna luce morale; è prodotto di curiosità intellettuale, non di pungente senso di una responsabilità storica che vuole tutti attivi nella vita, che non ammette agnosticismi e indifferenze di nessun genere.
Odio gli indifferenti anche per ciò che mi dà noia il loro piagnisteo di eterni innocenti. Domando conto ad ognuno di essi del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime. Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze virili della mia parte già pulsare l'attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c'èin essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano nel sacrifizio; e colui che sta alla finestra, in agguato, voglia usufruire del poco bene che l'attività di pochi procura e sfoghi la sua delusione vituperando il sacrificato, lo svenato perché non è riuscito nel suo intento.
Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.
"
2 febbraio 2008
Parole
ma le parole restano
Le parole dette sussurrate urlate taciute
quelle date per scontate
Quelle che volevamo sentirci dire e
non sono state espresse
Le parole
che ci fanno sussultare
Quelle che ci fanno aprire gli occhi
e quelle che ce li fanno chiudere
Avere parole per dirlo
Avere parole che volano
e attraversano il mare
Un mare che separa e protegge
Voglio essere la parola che meraviglia
e bisbiglia
La parola che spinge alla lotta
la parola consapevole
Rimanere senza parole
Parole dure come pietre Parole dolci come il miele
Parole che bucano silenzi
e masticano dubbi
Parole che accarezzano mani stanche
Parole che si posano su lenzuola di
pensieri quadrati
e con indomita pazienza
li fanno diventare tondi