20 gennaio 2016
urgenze italiane
In Italia, almeno da ciò che si evince dagli organi di
stampa e da quelli televisivi, abbiamo soprattutto due grandi problemi:
le unioni civili e i profughi.
Non il cosiddetto welfare che fa acqua da tutte le parti,
no.
Il matrimonio tra omosessuali minaccia la famiglia tradizionale, e ancora
non ho sentito una voce che mi spieghi in che modo una famiglia
normogenitoriale possa di fatto essere danneggiata da un’altra
omogenitoriale.
Sulle migrazioni mi sono già espressa più volte su questo
blog.
In entrambi i casi, si tratta di alterità. Le due potenti e
invincibili minacce che attentano alla solidità di questa società così
accogliente, vengono dalla paura dell’altro. Del diverso.
Non c’è bisogno che mi ci provi io a dire perché l’alterità
fa paura, decine e decine di pensatori hanno scritto pagine interessanti che, a
volerlo, si potrebbero usare come strumento per smontare questa Paura. Quella
dell’altro anche quando questo ci obbliga a fare i conti con la nostra di
alterità.
Aveva ragione Rimbaud! "Je est un autre”... ma come dirlo?
Io non credo di essere circondata da alieni nella mia
quotidianità, lo dico sinceramente.
Tra gli individui (esseri pensanti) con cui sono chiamata a
confrontarmi, non c’è nessuno che si senta minacciato dalle unioni civili o
dalle incontrollate ondate migratorie. Il problema urgente delle persone che
incontro è la sopravvivenza, in una società con sempre meno servizi, meno
diritti, meno solidarietà. Perché nessuno è così stupido da credere che i
giovani, e meno giovani!, disoccupati… inclusi
quelli di cui parlano “che hanno smesso di cercare un lavoro”
(!!!!)…diano la colpa della propria condizione a due uomini o due donne che si
uniscono, con gli stessi diritti di mamma e babbo. Però gli organi di
informazione seguitano a martellare le famiglie riunite a tavola con queste false
impellenze dei cittadini.
E’l’Italia, Bellezza! Fanalino di coda dell’
Europa in temi di diritti civili.
15 gennaio 2016
i giorni prestati
Gli inverni erano davvero molto duri quando eravamo piccoli,
ricordo nevicate mai più riviste e ricordo le stalagmiti sull’uscio delle case.
Nella povertà della nostra casa capitava che, stretti stretti gli uni alle
altre, ci lamentassimo del freddo, seduti intorno al braciere che diventava una
divinità da adorare. Verso la fine di gennaio mia madre ci raccontava di una
storia antica, che riguardava due pastori confinanti, e questa storia lei
l’aveva sentita da sua madre e da sua nonna. Verosimilmente modificata come
accade alle storie tramandate oralmente, così era arrivata alle orecchie di mia
madre.
Gli ultimi tre giorni di gennaio (che poi corrispondono ai
giorni della merla), raccontava mia madre, erano i più freddi dell’anno per un
motivo ben preciso:
Si diceva che gennaio, per conto di un pastore molto
invidioso del pascolo del vicino, avesse chiesto tre giorni in prestito a
febbraio per poter fare vento e neve sul terreno del vicino, così da rovinargli
il raccolto e indurlo alla miseria.
Febbraio acconsentì e, per questo, febbraio è il mese più
corto.
Una vera e propria invettiva, una feroce bestemmia. Che
tuttavia non sembrava restare impressa per la sua cruda cattiveria, non so cosa
pensassero i miei fratelli e le mie sorelle… io me ne stavo con quell’incanto
di un mese che presta due giorni ad un altro e tanto mi bastava.
Anche adolescente… ricordo momenti freddi e bui in cui
andavo a comprare il latte appena munto da una vicina che tanto vicina non era…
mi capitava di rabbrividire con la faccia sferzata dal vento e di pensare “ eh
già… sono i giorni dati in prestito”. Come se la cosa fosse reale.
Forse è inevitabile in quelle comunità antiche in cui il
sacro e il profano ancora si mischiano, e del sacro il più delle volte se ne
infischiano.
Ogni Regione ha le sue storie e leggende, io a questa della
mia isola ci sono affezionata. E per tutta la vita ho osservato il clima di
quegli ultimi giorni del mese.
Come tante cose della Natura ormai stravolte, chissà se le
condizioni climatiche sempre più preoccupanti seppelliranno anche questa
storia. Che non è una bella storia, lo so. Però a me piace conservarla. Mentre
continuo a preoccuparmi per il clima… e a patire il freddo come se mi trovassi
in Siberia.
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