Sono le mode, quelle buone e quelle di pessimo gusto, che regolano il Mercato, ma può accadere anche il contrario…Cosa va di moda oggi?
Il precariato è di moda. Fa tendenza.
Se ne parla, se ne straparla… una parolina che prima veniva pronunciata solo nelle assemblee sindacali ora è tristemente sulla bocca di tutti…
Io sono precaria da 20 anni e da quando ho iniziato ad esercitare la mia professione non ho conosciuto un momento di tranquilla e serena progettazione. Credo che la precarietà, a lungo andare, finisca per investire ogni ambito dell’esistenza. Ed è pure inutile fare esempi. Si richiede uno sforzo di immaginazione.
Mi dico sempre, e da sempre, che vivere in campagna per scelta, per passione induce a mettersi in prospettiva, a progettare, a guardare in avanti. Fai le cose per i giorni a venire, semini perché un giorno raccoglierai, stabilisci che quell'albero è da potare così che un giorno irrobustendosi possa crescere sano e dare i suoi frutti migliori...E' tutto in avanti, in campagna. Come dice la mia amica Giovanna, “se, dopo tanto lavoro, la campagna ti tradisce è solo colpa del clima pazzo”.
Ma ultimamente mi sembra cambiato anche questo, mi sembra di fare le cose perché vanno fatte, ora ho paura del “non si sa mai”...Sento che tutto può essere stravolto, che i tempi naturali e i ritmi della campagna cambiano, che il mio senso di precarietà rischia di adattarla a me e non viceversa.
E siccome c’è sempre chi sta peggio di noi, allora il mio pensiero profondamente solidale va a tutti quelli che non ce l’hanno un lavoro, nemmeno precario. A tutti quelli che hanno trascorso metà della loro vita a rincorrere contratti atipici, cococo e quaquaqua…A chi ci muore sul lavoro, e sono tanti e anche troppi…A chi un lavoro se lo sogna notte e giorno. A chi per questo si sente un fantasma.
Il lavoro, oltre che restituire dignità all’individuo, è anche sopravvivenza.
Un lavoro non garantito rischia di minare il valore umano e civile.
Rischia di svuotare di senso ogni azione quotidiana. Di negare il diritto alla felicità.
Questo eterno stare “come d’autunno sugli alberi le foglie” svilisce ogni possibile sogno, ogni minima fantasia per il futuro che tutti, tutti, vorremmo contemplasse una buona salute e, laddove non c’è, la possibilità di curarsi senza ricorrere alle conoscenze, un futuro sereno con la dignità di camminare con i propri mezzi, ché niente vogliamo in regalo, un senso di appartenenza ad una società civile e responsabilizzata, dove per chi li desidera ci sia la possibilità di fare dei bambini, e farli crescere per strade dove ci si saluta di buonumore, contenti di essere vivi, di partecipare insieme alla costruzione di qualcosa e di sondare le meraviglie dell’animo umano.
Ma tutto questo non è di moda e chissà se l’ha stabilito il Mercato…
[Disegno: ©Arnicamontana, la citazione è da Paolo Rossi a Che tempo che fa]
P.S.: Giorgio sta preparando una conferenza che ha per titolo Crisi economica e relazioni umane, mi farebbe piacere se, chi è interessato a dire qualcosa in merito, passasse a trovarlo :-)