3 marzo 2010

campane che voglio sentire

Se pensiamo solo a noi stessi, se dimentichiamo gli altri, allora la nostra mente occupa un’area molto piccola e anche un problema minuscolo appare grande. Ma nel momento in cui ci preoccupiamo per gli altri, la mente automaticamente si espande. A questo punto, i problemi personali non saranno più così importanti. Il risultato, un grande aumento della pace della mente


Ho ri-letto questo libro perché mi ha ri-chiamata. Non so dire se è dalla prima lettura di queste conversazioni che mi è presa la fissa del concetto dell’ “uscire da sé” di cui parlo spesso, o se è proprio vivendo e sperimentando che ho avvertito questa necessità. So per certo che mi sono sganciata da un lungo periodo di sofferenza estrema, tempo fa, grazie a questa illuminante percezione: mi trovavo orribile così china su di me, così scrupolosamente attenta ad ogni minima reazione mia, interiore, e a tutto il resto estranea. Mi trovavo rigida e davvero sola. Succede, a volte, quando ci si sofferma troppo a leccarsi le ferite. Oscillo ancora, di tanto in tanto, tra la paura di dimenticarmi di me stessa e quella di essermi troppo presente.

Questo piccolo libro è il frutto di alcune conversazioni tra Victor Chan e il Dalai Lama. Quando l’ho letto, la prima volta, mi è piaciuto e in alcuni passi mi ha anche molto colpita, ma adesso mi ha richiamata e sento che ne avevo bisogno. Il Dalai Lama mi piace un sacco e leggere i suoi pensieri mi fa tanto bene, perciò lo ringrazio sempre intimamente.


“[…] – Perché lei è così popolare? Che cosa la rende irresistibile per tanta gente?”

Il Dalai Lama sedeva in silenzio, riflettendo su quanto avevo chiesto.[…] Era serio quando rispose.

- “Non penso di avere qualità eccezionali. Oh, magari qualche piccola cosa. Ho una mente positiva. Ogni tanto, naturalmente, mi irrito un po’. Ma nel mio cuore non biasimo mai, non penso mai cose cattive contro il prossimo. Credo anche di avere più riguardo per gli altri. Credo che gli altri siano più importanti di me. Forse piaccio alla gente per il mio buon cuore. Penso che all’inizio provino curiosità. Poi forse…di solito quando incontro qualcuno per la prima volta, quel qualcuno non mi è estraneo. Ho sempre questa impressione: un altro essere umano. Niente di speciale. Come me, uguale”.


Ecco…una strada…


Quando di recente il presidente americano ha incontrato il Dalai Lama, sono stata fiera di lui, mi ha fatto piacere che Obama abbia alla fine sfidato le ire di Pechino e ignorato i ripetuti e inauditi appelli per impedire l’incontro. Si, mi ha fatto piacere…allo stesso modo, mi ha colpita che il capo spirituale e temporale del Tibet non sia stato accolto, come i “Grandi”, nello Studio ovale (formalità?) e sia stato fatto uscire dal retro in mezzo ai rifiuti.

Altre strade…

[Dalai Lama con Victor Chan, La saggezza del perdono, BUR, 2006]

10 commenti:

Giovanna ha detto...

Non lo so, non lo so cara Arnica. Qualcosa non mi convice. Va bene uscire da noi per espanderci, far spazio agli altri dentro e fuori di noi, ma se questo flusso non è alternato che senso ha? Che senso ha accogliere se non si è accolti?Amare se non si è amati? Comprendere se non si è compresi? Aiutare se non si è aiutati? Colmare la solitudine altrui se si è lasciati soli?Non diventa altrettanto arido ed improduttivo che rinchiudersi in se stessi? E' sicuramente vero che la vita di ognuno di noi ha un senso se viviamo con e per gli altri, ma se non c'è un ricambio, un dare e un avere, quanto è grande il vuoto di senso che ci sommerge dopo...quanto sentiamo inutile e vano il nostro vivere, quando è opprimente la tristezza nella quale anneghiamo....

progvolution ha detto...

Deve essere così, il chiudersi in se è deleterio e aprirsi agli altri rigenerante. È convincente ma rimane una fuga, nobile, ma sempre una fuga. E come conciliare l'io abbandonato alla propria disarmonia con l'equilibrio da trovare con l'altro? La relativizzazione dei problemi personali nella preoccupazione per gli altri è sensata ma lascia lì i problemi anche se alleggeriti.
Per alcuni non si può uscire dal se perché oltre il muro identitario si percepisce solo l'Orrore - “gli altri sono l'inferno” - è l'altrui massiva miseria morale non è apertura alla levità del sé ma il fardello dell'effetto perturbante che svuota e atterrisce. Tanto da rendere preferibile la solitudine, l'egotismo sofferente e la rinuncia antisociale. Questa è ancora un'altra strada. Scomoda, incidentata e mal frequentata, eppure esiste. Un percorso nichilista e senza speranza ma che ha un senso, Non sempre le strade giuste sono acconcie a tutti i viandanti, sopratutto quelli che sono senza direzione perché ogni direzione non si adatta al loro disorientamento.
Per me, insomma, una campana che non voglio sentire perché la meta non è la pace della mente ma la guerra della coscienza.
Leggerti è sempre un piacere, ciao Arnica

Arnicamontana ha detto...

Giovanna: forse la sfida è quella di non ricercare la reciprocità per forza…Può accadere che riponiamo fiducia e amore e comprensione nelle persone sbagliate, ma possiamo dire che non ci torni indietro in qualche modo l’amore, così come la comprensione, la fiducia e l’accoglienza, offerte a qualunque essere vivente? Anche volendone fare una questione di calcolo, io penso di sì! L'aridità non è una strada. So di non essere persusiva, tu non ti convinci così facilmente eh? ;-)

Prog: una bella sorpresa, ti dico subito che una piccola parte di me si riconosce in quello che dici. O meglio una parte della mia vita. Il mio corpo agisce così, si comporta come se gli altri fossero l’inferno… Faccio vita da reclusa ma voglio sentirmi avvolta dall’universo…La mia mente vuole espandersi e cercare serenità, anche nel subbuglio incessante della ricerca. Mi sembra UNA strada, non LA strada. Ce lo siamo già detti in altre occasioni, da sola con la mia diversità e le mie strade poco battute, io non mi basto. Grazie davvero di essere “ri-passato dalle parti del cuore”

Angelo azzurro ha detto...

Se pensiamo solo a noi stessi e dimentichiamo gli altri creiamo terreno arido intorno a noi. Se allarghiamo il nostro interesse al prossimo, l'amore e l'attenzione che tu doni ti ritorna gratuitamente, soprattutto proprio quando tu non ti aspetti niente in cambio. L'ho provato per esperienza e posso asserirlo per questo motivo.

Venti dell'Est ha detto...

Penso che l'equivoco nasca dal fatto che per molti preoccuparsi degli altri e, quindi, "dare" agli altri significa automaticamente perdere qualcosa di se'. Per questo finiscono sempre per aspettarsi qualcosa in cambio, e rimangono inevitabilmente delusi. Dare attenzione all'altro (persone, piante, animali e universo) invece significa riconoscere che si è componenti, parti complementari di un ingranaggio. Se si ama la Vita (bellissimo nome dell'ingranaggio) "dare" non è nemmeno più una scelta, come non lo è respirare o far battere il proprio cuore. E' semplicemente il MOVIMENTO dell'ingranaggio.

Arnicamontana ha detto...

Lù: quello stampatello va dritto al cuore! Proprio così.

Angelo: grazie della tua esperienza...

rom ha detto...

Cara Arnica, sono campane il cui suono lontano mi ha attratto, e mi sono un poco avvicinato per sentire meglio. Il Dalai Lama ha un'intonazione, come campana, che non è proprio quella che più fa risuonare la mia mente e il mio cuore: più la mente, che il cuore, direi. Ma fa parte di un complesso di suoni forti, e sono d'accordo con la tua affermazione: campane che voglio sentire. Nell'avvicinarmi, quanto può essere possibile per un occidentale come me, da quella parte dell'orizzonte umano ho sentito arrivare il suono di campane che mi hanno fatto vibrare assai, per simpatia che travalicava le distanze culturali - non era la campana del Dalai Lama, era piuttosto l'antica campana sul cui suono lui si è accordato a modo suo. Buddha, ho scoperto, è stato il primo sistematico esploratore e conoscitore dell'animo umano, e il suo percorso di conoscenza lo aveva intrapreso con uno scopo pratico, quello di cercare un modo per risolvere la sofferenza psichica che affligge tante persone quando si trovano davanti alla malattia fisica, alla morte di persone amate, alla propria inevitabile decadenza fisica nell'invecchiamento e la conseguente consapevolezza di dover prima o poi morire: insomma, la sofferenza di molte persone nell'accorgersi dell'impermanenza di ogni cosa - il tutto passa che era il suono forte di un'altra campana di quel tempo in cui l'uomo si accorse di se stesso.

Ah!... A proposito, ma lo sai che la soluzione che Buddha proponeva ha qualcosa a che vedere con l'indifferenza?
No, non è indifferenza, però...
:-)

lodolite ha detto...

ho difficoltà a pensare che sia possibile non biasimare, ma almeno provarci ci fa sentire migliori.
ciao simona

amatamari© ha detto...

Vorrei scrivere molte cose ma le parole mi sfuggono e sento che falsano la verità che ho provato nel leggere questo tuo post.

Grazie.

Emilia ha detto...

Non è facile fare ciò che scrivi, ma è una strada bella da intraprendere. Io ne sono convinta. Grazie. Un abbraccio