26 novembre 2015

incontri che restano vivi

Quando arrivavo alla Clinica, Maria era già lì. Perché io entravo ed uscivo mentre lei ci trascorreva proprio il suo tempo. La trovavo quasi sempre di spalle e mi ricordava, ferocemente, una persona carissima, sangue dello stesso sangue, perduta per sempre.
Maria era più grande di me, ma avevamo la stessa età affettiva.
Sebbene fossi preparata ad incontrarla, trovarmela quasi sempre di spalle mi faceva sobbalzare dentro. Ogni volta. E credevo che questo non mi avrebbe giovato, che sarebbe stato d’intralcio al mio percorso. E invece no. Certe volte davvero l’immensità della sofferenza altrui riesce a coprire la tua. Certe volte ti scatta l’accudimento anche se quella da accudire dovresti essere tu.
Due occhi grandi, Maria, che per la magrezza parevano enormi, sempre bei colori addosso, sempre freddo, sempre qualcosa di lana, sempre lacrime. Irrefrenabili.
Io l’abbracciavo tutti i giorni, qualche volta la trattenevo per un po’, in silenzio… finché non sentivo un respiro più regolare. Il gruppo se ne lamentava. Bastapiangere!
Sebbene sapessi che quello non era cinismo da due soldi, pensavo sempre, senza mai dirlo… “beati loro che possono dire basta”…
Sì, beati coloro che sanno dare direttive, hanno il polso della situazione, un’incrollabile senso del decoro. Beati coloro che sanno stare al mondo senza farsene travolgere.
Nell’immaginario di Maria c’erano sempre due alberi… di volta in volta assumevano significati diversi, ma c’erano.  Forse in quegli alberi c’erano le sue cose belle, i suoi desideri, qualche certezza che deve aver avuto nella vita…
- … tu credi in dio?
No, ma lo stesso prego…
-          Mi insegni a lottare?
Lo so fare male anch’io ma vorrei insegnarti quello e altro ancora, che a me sembra venire facile e a te no. Io non ti dico basta, perché le tue lacrime non mi fanno paura. E a distanza di un anno ti penso e ti abbraccio ogni giorno col pensiero. Buona avventura amicafragile

20 novembre 2015

...una grande fotografa...



Ho visto qualche giorno fa il film documentario su Vivian Maier e non riesco a smettere di pensare a lei. Al fascino e al mistero che la sua figura porta con sé.
La bambinaia fotografa l’hanno chiamata in molti, dopo la scoperta, imperdonabilmente tardiva, della sua opera. Era una donna riservata ed eccentrica, così raccontano quelli che l’hanno vissuta, i bambini ormai adulti di cui si è presa cura, i pochi amici, le famiglie presso le quali ha lavorato…
Una donna alta, immensa, che portava grandi cappotti e camicie da uomo. E non voleva essere toccata. Con la Rolleyflex perennemente appesa la collo, ha fotografato la New York degli anni 50 e 60, ma non solo, cogliendo l’aspetto bizzarro e spesso crudele della vita.
Sorprendendo talvolta anche  la tenerezza della strada e i gesti di inesprimibile dolcezza.
Vivian scattava centinaia, migliaia di foto in b/n, e custodiva tutto nelle stanze che di volta in volta abitava e alle quali impediva l’accesso a chicchessia. Una sorta di Diane Arbus sconosciuta.
E tale sarebbe incredibilmente rimasta se un giovane e ignaro giornalista, John Maloof, non avesse comprato all’asta, ad un prezzo irrisorio, tutto il monumentale archivio della fotografa.
Nel film, Maloof racconta per quanto tempo l’establishment dell’arte abbia respinto le foto che lui stesso aveva iniziato a sviluppare, quanto ne sia rimasto colpevolmente indifferente. Fino a che le foto di Vivian, bellissime, commoventi, sarcastiche e originali, non arrirano pian piano al grande pubblico. E fu la gente a decretarne il successo. Le persone accorsero a visitare le esposizioni con un tale interesse da imporla infine all’attenzione dei media, fino a farne un caso.
Credo sia stato giusto così. Penso che una persona riservata, che raramente offriva immagini di sé e che custodiva gelosamente ogni scatto, ogni ripresa video… non anelasse ad un riconoscimento accademico. Tutti si interrogano sulle ragioni della sua ritrosia, io credo sia riconducibile alla sua natura riservata, difficile per gli altri e anche un po’ folle.
Così, Vivian Maier mi è rimasta dentro… perché la sua vita è misteriosa, si sa ben poco di lei, ma dal suo lavoro si intuisce una mente eccelsa, una grande solitudine e anche un terribile segreto portato via con sé.

Dopo aver lasciato Nuoro, la mostra è approdata a Milano. Ne consiglio vivamente la visita…

10 novembre 2015

Eleonora

La piccola Eleonora si presenta al pomeriggio, entra e saluta.
Non tutti lo fanno.
Si dirige verso la sezione della biblioteca dove sa di trovare ciò che cerca, sceglie i libri  per sé e quelli per il fratellino, a casa con la febbre. Può prenderne fino ad un massimo di 9 figuriamoci!
Magari non esagera, ché se no mamma chi la sente, dice, e ne prende 5...
però vuole essere certa di non aver già letto quel libro e ricorre all’uso del catalogo on line. Con la tessera personale (solo sua!) Eleonora può accedere al suo “profilo utente” e scorrere la lista degli ultimi 50 libri letti. Ecco fatto, in effetti quel libro lo aveva già letto, ora ricorda…L’aveva preso in prestito perché se ne parlava tanto ma non le era piaciuto e lei forse non lo avrebbe mai preso spontaneamente. Mentre si muove leggera tra gli scaffali a curiosare qua e là, si accorge che è arrivato l’ultimo numero di Dada, quella meravigliosa rivista d’arte per ragazzi che offre sempre tanti spunti creativi insieme ad un originale insegnamento della storia dell’arte. Si mette comoda a leggere Dada e si dimentica del tempo che scorre. In biblioteca c’è un silenzio perfetto, di tanto in tanto le persone che entrano sembrano dimenticarsene e alzano la voce e rivolgono le loro domande alle bibliotecarie quasi urlando.
In biblioteca, un decibel in più risuona come un urlo e i lettori si voltano incuriositi e qualche volta alzano la testa come se riemergessero dagli abissi rivolgendo sguardi basiti.
Quando la bibliotecaria preannuncia la chiusura, Eleonora scatta in piedi e velocissimamente prende i suoi libri, ripone la rivista al suo posto, ché in biblioteca ogni libro ha un suo posto e c’è un posto per ogni libro. Lei lo sa. Prima di uscire prende il suo zaino dallo stipetto, compila la carta d’entrata, saluta e va via con la sua gratitudine e il suo prelibato bottino.

Creature come Eleonora, certe volte, riescono a raddrizzare i pensieri storti. Con quella benedetta armonia che dimostra chi sa stare bene dove si trova.

1 novembre 2015

numero civico

...per essere più precisi...
per quando verrete a trovarci
noi abitiamo qui