22 maggio 2010

quanto costa

Mentre i quotidiani in questi giorni si rimpallano le più svariate ipotesi sulla possibile buonuscita di Santoro dalla Rai, torno a chiedermi con prepotenza QUANTO COSTA il lavoro in Italia.

Quanto costa, in termini di sopravvivenza e di dignità, a chi non ce l’ha uno straccio di lavoro.

Quanto costa a chi al lavoro si reca tutti i santi giorni della sua vita, magari obbligato da un contratto a termine a rigare dritto più degli altri.

Quanto costa, questo lo so bene sulla mia pelle, andare al lavoro, spenderci anima e passione e vedere trascorrere i mesi senza uno stipendio regolare. Sì, 4-5-6 mesi di apnea…

E il prezzo delle morti sul lavoro? chi lo deve pagare?


C’è chi non segue le nuove forme di lotta, magari perché non vuole rassegnarsi a questo linguaggio imposto, dove ogni dramma diventa un’isola, e dopo quella dei famosi e quella dei cassintegrati, avremo l'isola dei precari? Quella dei disoccupati? Degli insegnanti e dei sottopagati in genere?

Se non si adottano i nuovi contenitori le cose smettono di esistere, o di interessare e coinvolgere.

Il costo che ha pagato Mariarca Terracciano dissanguandosi un pochino ogni giorno lo abbiamo visto. Anche se, l’ennesimo omicidio, è caduto nella indifferenza pressoché totale.

Non è omicidio forse?

L’indomani scuotevamo la testa, indignati ma non abbastanza inorriditi.

Questa notizia ha scavato un solco profondo in me, mi ha fatto male male.

L’ennesimo omicidio impunito, sì. Perché i colpevoli da perseguire, perseguitare, e qualche volta far crepare in galera, sono altri…


Fa doppiamente male quando una tragedia così si consuma in un clima forse tra i più schifosi della storia del nostro Paese. Tra corruttori di palazzo e burattini al servizio del potere e cricca e casta dediti a ruberie varie. Tutti ad agire indisturbati…

Quanto costa il lavoro casomai può venircelo a dire l’onorevole Lucio Stanca, del PdL, che alla Camera ha disertato 98 votazioni su 100.

Nessuna ironia sul cognome mi aiuta a mandar giù questa spudoratezza squisitamente italica.

17 maggio 2010

Lampione

Lampione ama attraversare le strisce pedonali.

Tutti abbiamo dei tic, delle manie, lui ha questa. Così capita spesso, ai semafori, negli incroci importanti, di vederlo passare su quelle strisce come se ogni volta fosse una prova da superare, una conquista da portare a casa alla fine della giornata. Lampione lo chiamano, per via della figura alta e snella che a me fa pensare tanto a una betulla. Lui e il suo sacchetto di plastica che chissà cosa contiene. Niente di pesante, si capisce, magari le chiavi di casa, un fazzoletto di stoffa, stirato e piegato….Leggero lui, leggero il sacchetto. Inseparabili e indistinguibili, lui e la sua busta, di quelle che fanno un rumore fastidioso appena le sfiori.

Io lo incontro soprattutto in un tratto di strada orribile che sono costretta a percorrere per andare al lavoro. Strade larghe di insegne e cartelloni da zona industriale. Strade dove si trova il concentrato dell’aggressività umana. Dove tutti si sentono autorizzati a sopraffare e ingiuriare e scaricare la propria dose di rabbia, prima di rinchiudersi ciascuno nei propri mestieri. Quando lo incontro lì, Lampione, mi pare che svolga un ruolo fondamentale, quello di riportare gli animi alla ragionevolezza. Lui attraversa quasi assorto, sicuro del diritto garantito da quelle strisce.

Lì si sente al sicuro, le strisce sono ordine e regola. Attraversa e torna indietro, sulle stesse strisce, passa e ringrazia, fa un cenno col capo e sorride agli automobilisti costretti alla sosta. Sembra costringerli al respiro profondo, quello che ti libera dall’ansia.

Poi prosegue per chissà dove.


Pian piano le nuove leggi urbanistiche, nel rispetto delle norme per il risparmio energetico e per la qualità dell’ambiente, rendono i semafori un ricordo, le rotatorie ormai li stanno soppiantando un po’ ovunque. Ma le strisce, mi dico rassicurata, resteranno.

Lampione avrà sempre le sue parallele bianche di conferma.

13 maggio 2010

insopportabile

Insopportabile.

Come ogni ingiustizia

Come ogni insabbiamento e archiviazione.

Come ogni sopruso.

Non abituiamoci mai a questa normalità


dal blog di Ornella



9 maggio 2010

stare

E’ così che sto

Mi sporco le mani con la terra per radicarmi

Per non dimenticarmi, per tenermi conto

Ci si deve sentire! Come piccola parte di un tutto

Presenti senza fatica

Fiduciosi senza impazienza

A scambiarci la vita per quello che dà

E a ciascuno la sua parte.



3 maggio 2010

200

Per il post numero 200 di questo blog, ho scelto delle foto che ritraggono ciò che ultimamente rallegra il mio spirito
Pioggia di zagara
(peccato non si possa trasmetterne l’odore, ma secondo me i giapponesi ci stanno già pensando)

Il melo grande

La speranza


Zac e Tania


Dopo che il gatto Abel se n’è andato così, senza neanche salutare, ho adottato questi due gattini


Confidenza