30 dicembre 2008

Repetita iuvant


[GIPI per Internazionale]

Mi sono accorta che i miei propositi per il nuovo anno, e per la vita, sono uguali a quelli dello scorso anno…Qualcosa vorrà dire…

Repetita iuvant.

I miei propositi sono questi, in queste parole che Arundhaty Roy dedica ad un’amica. Sono propositi importanti, obiettivi da tenere bene a mente, sentieri da percorrere...


Amare. Essere amati. Non dimenticare mai la

propria insignificanza.

Non assuefarsi mai all’indicibile violenza

e alla grossolana disuguaglianza della vita intorno a te.

Cercare la gioia nei posti più tristi.

Inseguire la bellezza fin dentro la sua tana.

Non semplificare mai le cose complicate e

non complicare mai le cose semplici.

Rispettare la forza, mai il potere.

E, soprattutto, guardare. Cercare di capire. Non distogliere mai lo sguardo.

E mai, mai dimenticare.

[da: A. Roy, Il dio delle piccole cose, Guanda, 2001]


Così voglio vivere!



24 dicembre 2008

letterina a babbo natale

Caro Babbo Natale il regalo che vorrei

STEFANO BENNI [la Repubblica, 24 dicembre 2001 ]

Caro Babbo Natale, sono un bambino italiano medio e ti spedisco la consueta letterina per i regali. Ti avverto subito che il tono sarà diverso da quello degli anni passati, ma viviamo tempi difficili e mi sono dovuto adeguare: comunque, leggila con attenzione. Anzitutto ti prometto che non sarò buono. Buono è un termine adatto a una telenovela, a una partita del Cuore, a un lacrimatoio in diretta tivù. Ma una bontà senza telecamere e senza Auditel è fatica inutile. Non ti dico neanche che sarò onesto e corretto, perché mi giocherei la carriera parlamentare. Per prima cosa, quindi, non ti chiedo perdono dei peccatucci commessi. Sì, ho rubato qualche lira dal portafoglio di papà, ma ti prometto che non lo farò più. Dal prossimo anno ruberò solo euro. Ho usato il rossetto al silicone di mamma sul cane e l' ho quasi trasformato in un tapiro. Ho sostituito il calendario di Frate Indovino del nonno col calendario di Martina Colombari e non sono neanche andato a trovarlo nel reparto rianimazione. Ho corrotto il bidello per una piccola modifica costituzionale: gli ho fatto cambiare i miei voti nel registro. Ho investito uno in motorino e non mi sono fermato, ma avrei fatto tardi a scuola. Ebbene sì, qualche carognata l' ho fatta, ma come dice un paleovinile dei tuoi tempi, «nessuno mi può giudicare». Tu vieni da un nevoso paese scandinavostalinista che non conosce neanche il prosciutto, e nessun giudice straniero ficcherà il suo fottuto naso giacobino negli affari del popolo italiano. Perciò lascia da parte rimproveri e rogatorie. Se vuoi proprio saperlo, ho anche detto un sacco di bugie e ho fatto la spia in classe, ma non è certo un peccato, anzi è vivamente consigliato dai nostri governanti. Ho denunciato un professore che ci faceva leggere A Silvia di Leopardi, con evidente derisione del nostro premier. Ho picchiato un mio compagno di scuola, ma era di colore e vendeva temi prefabbricati, se questi sono venuti in Italia per rubarci il lavoro, se ne stiano a casa loro. Quando la maestra fa lezione, io, insieme a tutta la classe, le parlo sopra, sbraito e la interrompo. Una volta lei si è incazzata urlandoci: ma dove avete imparato queste cose, e noi abbiamo risposto: nei talkshow, signora professoressa. Ha dovuto darci ragione. Naturalmente sono stato disonesto. Ho falsificato la mia firma sul libretto delle assenze. Dovevo andare a scuola, ma c' era anche una partita di pallone. Era un caso lampante di conflitto di interessi e tu sai come vanno queste cose in Italia. Una notte ho visto dei miei compagni che bruciavano un asilo e li ho lasciati fare, era un asilo pubblico e l' ho interpretato come un gesto di solidarietà con la Moratti. Ti sembran tempi per lezioni di moralità? Vedo quei signori con il cravattone verde, che una volta erano i campioni della lotta alla corruzione e del sempreduro e adesso sono ministeriali e bazzotti, una volta gli facevano schifo i fascisti e adesso ci scodinzolano insieme. Se loro hanno fatto carriera così, perché non dovrei farlo io? E adesso passiamo alle cose serie, cioè ai regali. Per prima cosa voglio altre due playstation. Non ricordarmi che ne ho già una, il nostro premier ha sette televisioni e si lamenta che l' informazione è tutta in mano ai comunisti. Beh, anche io voglio tre playstation per contrastare l' avanzata marxista nella tecnologia ludica. Poi voglio videogiochi di guerra e armi. E non pensare di rifilarmi le solite spade di plastica. Guardando gli esperti militari in televisione, ho capito che ci sono armi buone e armi cattive. Il kalashnikov è cattivo perché fa rumore, il B 52 è buono perché quando ti sorvola romba silenzioso lassù in alto, e tu puoi continuare a fare i compiti. Le mine antiuomo, come dice il nome, non colpiscono le donne e i bambini. Io vorrei quella meravigliosa bomba Usa che si chiama tagliamargherite, quella che spazza via tutto nel raggio di dieci chilometri. La tirerei nel mio quartiere, così finalmente noi bambini avremmo uno spazio libero dove giocare a pallone. Se non me la porti, allora vuol dire che sei contrario a una città vivibile per l' infanzia. Dici che sono giochi violenti? Beh, ho visto il video di Osama che festeggia lo sterminio degli odiati nemici, ma sono convinto che anche Bush e Sharon festeggiano dopo aver bombardato, e anche il nostro presidente del consiglio ha brindato alla notizia che entravamo in guerra. Insomma, la guerra eccita tutti e non vedo perché solo noi bambini dovremmo essere esclusi. Oltretutto, a differenza dei guerrafondai, noi sappiamo anche godere in altri modi. Ma qua invoco la legge sulla privacy. Naturalmente, non dimenticare la mia famiglia. Il mio fratellino minore vorrebbe una sedia elettrica per criceti e mio fratello maggiore un lanciagranate da stadio. Mia sorella vorrebbe tanto il Lego Lunardi, quello che ti danno la scatola gratis ma appena hai costruito qualcosa arriva un tecnico nominato da Lunardi e ti fa una perizia da cinquanta milioni. Non scordarti del mio papà che è leghista e fa il presepe con due buoi perché dice che l' asino è da terroni. Portagli una divisa da sceriffo della polizia padana. A mio zio che è di Forzitalia il salvavviso Beghelli che trilla quando sta per arrivare la finanza. Per mia mamma progressista un ombrello, oppure va bene anche un vecchio regalo riciclato, dopo il ritorno di D' Alema è rassegnata a tutto. E passiamo ai videogiochi. Anzitutto vorrei Guazzalook, un gioco dove hai un anno di tempo per soffocare gli abitanti di una città col traffico, lo smog, il cemento selvaggio e la svendita del verde pubblico. Poi vorrei il Processo del Lunedì, ma se pensi che sia troppo violento mi accontento di Mortal Kombat. Come ultima cosa, vorrei un osso di juventino per il mio cane e il kit della mia squadra con le maglie, le scarpette e una bottiglia di nandrolone. Portami questi regali in fretta e senza discutere. Anzi, a proposito di velocità, perché vai in giro con quelle renne puzzolenti e radioattive? Hai visto la motoslitta biposto della Fiat con turbo e sospensioni anticrepaccio? Ma perché non ti modernizzi? E poi cambia stile: non farti chiamare Babbo Natale, ma Padrino Natale o Don Natale, o meglio di tutto Venerabile Natale, e nel mio paese ti saranno spalancate tutte le porte e i camini. Via la barba, che tutti i cattivi hanno la barba, e via l' abito rosso. Ma soprattutto, stai attento. Se mi porti del carbone, potrei telefonare a Scaiola segnalando che nello spazio aereo italiano si aggira un extracomunitario su un mezzo volante. Poi dovrai spiegare cos' è quella polverina d' oro sulle tue letterine. Per finire: non passare dal camino, papà l' ha murato per paura dei ladri, e ha anche messo un cancello con l' allarme e sei rothwailer che in confronto Gasparri è un chihuahua. Perciò consegna i regali al mio amico Ciccio, sul ponte della tangenziale alla mezzanotte del ventiquattro. E bada che non manchi niente o farai una brutta fine. Lo so che questa letterina ti stupirà, ma mi sono dovuto adeguare. Naturalmente so benissimo che al mondo ci sono penosi inconvenienti come la fame, la guerra e lo statuto dei lavoratori, ma intanto riempimi la saccoccia. Ho imparato bene la lezione?
P.S. - L' anno scorso pensavo che tu non esistessi, ma poi ho visto Castelli ministro guardasigilli e salvasilvi, la Pidue riabilitata, le balle di Fini su Genova e la corsa a ruffianarsi il ducetto nelle adunate pariolinobrianzole di Leccolandia. E questa bella sinistra di zucchero filato, che aspetta che il cavaliere sostituisca la costituzione con un palinsesto, dove magari, per l' opposizione più moderata, ci sarà un posticino, un divanino, un programmino dopo le quattro di notte. Allora ho capito che c' era posto anche per te, nell' immaginario collettivo. Ti aspetto.

21 dicembre 2008

...se...



Se di me non parlo

e non mi ascolto

mi succede poi

che mi confondo

[Patrizia Cavalli, Poesie (1974-1992), Einaudi, c1992]


Accade spesso che questa poetessa mi spinga nelle viscere della terra…

Confondersi mai, uscire troppo da sé quel tanto da dimenticarsi, mai.

Parlare di sé perché i pensieri non siano più soli.

Perché le cose dette assumono una forma e una sostanza diversa da quelle pensate.

Parlare di sé per trovare o negarsi conferme, per la presunzione di lasciare delle verità di noi, per la necessità di ritrovarsi rileggendosi. Parlare di sé per non negarsi, per tenersi bene a mente

…E quindi parlare di sé per ascoltarsi.

Ma… Ascoltarsi è un lusso e un dovere e un piacere. Possibile che tutte queste cose insieme non siano sufficienti sempre a spingerci a farlo? E se penso di ascoltarmi troppo? Che succede quando uno si pensa e si ascolta troppo e dimentica, allenandosi, le correnti esterne? Come ci si ritrova, a volte, a non saper uscire da sé e confondersi?


Il viaggio dentro sé stessi non deve impedire agli altri di entrare, né a noi di uscire


17 dicembre 2008

gatti

Avevo calzato le pantofole e indossato la vestaglia.

Asciugai una lacrima provocata dal vento che soffiava dal viale e mi oscurava la vista. Nel caminetto del mio studio ardeva un fuoco vivace. Cristalli di ghiaccio simili a foglie di felce ricamavano i vetri delle finestre e mi nascondevano la Senna, i suoi ponti e il Louvre dei Valois. Avvicinai al fuoco la poltrona e il tavolino e presi accanto alla fiamma il posto che Amilcare si degnava di lasciarmi. Amilcare, a capo degli alari, sopra un cuscino di piume, stava raggomitolato col naso tra le zampe. Un respiro regolare sollevava la sua pelliccia fitta e leggera.

Al mio avvicinarsi fece lentamente scorrere le iridi d’agata tra le palpebre semichiuse, che quasi subito riaccostò, pensando:

“Non è niente, soltanto il mio amico”


[Anatole France, Il delitto dell’accademico Silvestre Bonnard, Biblioteca del vascello, 1993]


…chi vive con un gatto può capire bene il rilassante quadretto descritto da Anatole France, direi che può visualizzarlo perfettamente. Quando osservo il mio gatto che se ne sta lì, spudoratamente rilassato, provo sempre una profondissima invidia, e una smisurata ammirazione per la sua capacità di “assentarsi” comodamente, di ritagliarsi, in qualunque situazione e in qualunque luogo, il momento del sonno, dell’ozio fine a se stesso.

Il mio gatto mi guarda storto quando, al mattino, la sveglia che mi butterà giù dal letto urla come un'ossessa…Odio la sveglia! E il mio gatto anche. Quando i nostri sguardi si incontrano esprimono lo stesso disappunto. La differenza è che LUI, dopo aver ricevuto la sua colazione, torna a dormire (e sicuramente di filato) fino al mio rientro a casa. IO…….. no!

Osservare gli animali mi piace tantissimo, i cani e i gatti in particolare sono una vera passione.


Nell'osservazione dei gatti diventa quasi una tentazione irresistibile fare comparazioni con gli umani, intuire quanto c’è da imparare da questi silenziosi, dignitosi amici e quanto noi siamo complicati e qualche volta incoerenti, ma…

Se aveste mai dormito con un gatto

o un cane adagiato sopra al grembo,

ora sapreste che la metamorfosi è possibile –

che uomo e gatto e cane sono

entità volatili e cangianti: nel sonno

condiviso scompaiono le stinte

gerarchie tra cavalieri e fanti


[Franco Marcoaldi, da : Eugenio Scalfari, L’uomo che non credeva in Dio, Einaudi, 2008]

11 dicembre 2008

bambini... fuori!

I bambini devono vivere in armonia il più possibile...

Devono conoscere e vedere giochi e colori e sorrisi e cose che si muovono. I bambini devono essere protetti. E’ un imperativo assoluto.

Ci saranno sempre occasioni per tornare sull’argomento ma oggi voglio parlare dei bambini reclusi.

Ci sono bambini che vivono e crescono dietro le sbarre, per colpe commesse dalle proprie madri.

Sono figli di donne con reati che vanno dal furto al traffico di droga. I loro uomini…chissà dove sono.

Secondo il rapporto Antigone di luglio 2008, le detenute in Italia sono 2835 di cui 68 con figli da 0 a 3 anni di età.

I bambini reclusi sono 70.


E i bambini vanno protetti, anche da muri grigi, silenziosi e ostili.

La legge dell’8 marzo 2001, dell’ex ministro alle Pari opportunità Anna Finocchiaro, ha un po’ “umanizzato” alcune norme in materia di carcerazione femminile. Il testo di legge, tuttora in vigore, prevede alcune misure alternative, ad esempio la sospensione della detenzione per le madri fino al compimento del 10 anno di vita del proprio figlio. Queste donne possono scontare ugualmente la pena ma in strutture protette o in casa. Ovviamente, essendo le detenute per la maggior parte extracomunitarie, non tutte possono usufruire di questi benefici, perché spesso non hanno fissa dimora al momento dell’arresto.


I bambini vanno protetti e immancabilmente si alzerà la voce che dice “ci doveva pensare la madre prima di compiere un reato” e certamente è giusto anche questo. Spesso però quelle madri sono vittime esse stesse, per prime, di uomini che le sfruttano, le picchiano, le usano come corrieri. E in ogni caso…non me la sento neanche di immaginare che questa realtà non mi riguardi.

Ho letto su l’Unità un articolo che racconta la bella realtà dell’Associazione “Roma Insieme”, da alcuni anni porta avanti un progetto col Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria di Rebibbia, che ha come obiettivo, racconta la presidente Leda Colombini, “[...[]l’uscita dei bambini dal carcere per fargli frequentare dei luoghi normali, come un parco, il giardino di una casa, il mare”.

A collaborare con l’Associazione, negli anni si sono aggiunti comuni cittadini e istituzioni creando una vera e propria rete di volontariato. Una volta la settimana i bambini escono e possono venire ospitati da persone comuni che per esempio abbiano una campagna, persone che si prenotano e che offrono ai piccoli una giornata diversa. Così il sabato i bambini dietro le sbarre escono da Rebibbia...Così il sabato diventa un giorno speciale, anzi NORMALE!

Ora il Ministro della giustizia, Alfano, vuole portare avanti un progetto che prevede la confisca dei beni dei mafiosi da destinare a strutture “che non abbiano le sembianze di luoghi di detenzione”…l’Associazione “Roma Insieme” trema all’idea e manifesta il proprio dissenso perché teme che quelle strutture diventino carceri fuori dal carcere. Credo che quest’Associazione conosca molto bene la realtà di tutti giorni, perché dal basso si sporca le mani, non sentenzia dall’alto un’ignoranza delle cose e obiettivi altri. E propone che vengano realizzate delle case famiglia protette, gestite dai servizi sociali del Ministero della Giustizia.

I bambini vanno protetti, tutti, anche quelli che hanno una mamma che ha sbagliato, anche quelli che hanno un padre che non si cura di loro e magari sta dentro un altro carcere o per i fatti suoi.

Tutti vanno protetti. E’ un imperativo assoluto.

[disegno mio]



7 dicembre 2008

Da un po’ di tempo mi torna in mente, spesso e in diverse circostanze, un film che ho cercato affannosamente solo per la bellezza del titolo. La vita segreta delle parole. L’ho cercato senza volerne sapere niente, come a volte capita con i libri, un titolo che ti chiama, che ti evoca qualcosa di irresistibile…Magari si rivela una perdita di tempo, però hai quella giusta dose di masochismo da volerlo scoprire da sola…Altre volte, un bel titolo conferma un buon libro (L’ombra del vento…e mille altri)…

La vita segreta delle parole è il secondo film della regista spagnola, Isabelle Coixet, prodotta dai fratelli Almodovar. Il suo primo lavoro, La mia vita senza di me, è ugualmente un film dolorosissimo…E proprio per la bellezza del titolo, un paio d’anni fa, ovviamente dimenticando di averlo già visto, l’ho preso a noleggio 3 volte!!! Ecco un esempio di quanto la bellezza inganna!

Mi pare che la regista senta come missione quella di indagare il dolore, di mettere a nudo, attraverso situazioni estreme e personaggi un po’ alienati, ogni tipo di ferita subita e inferta. Il suo intento si capisce, ma non sempre riesce ad andare in profondità.

La vita segreta delle parole…C’è una piattaforma petrolifera, in mezzo all’Oceano, dove accade un incidente in cui un operaio perde la vita e un altro rimane momentaneamente cieco e gravemente ustionato. Su questa piattaforma dove ci sono solo uomini, arriva Hanna in qualità di infermiera.

Hanna in realtà lavora in fabbrica, lavora tantissimo, tanto che il suo capo la obbliga gentilmente a prendersi una vacanza. Ma Hanna non sa cosa sia una vacanza…non sa che farsene. E’ sorda e usa l’apparecchio, ma ogni tanto, quando crede non sia più “necessario” lo toglie. La sua vita è scandita perfettamente da ossessive abitudini…cosa è una vacanza? Così parte per quella piattaforma, in quel punto sospeso nel mare. In virtù di un suo passato da infermiera, va a curare questo malato speciale, lontano da tutti.

Ho tentato di raccontarlo ad un’amica questo film, ma mi sono resa conto, e lei con me, che non si capiva se mi era piaciuto o no, se mi aveva emozionata…non so esprimere un parere, non è un film facile. Mi ha interessata il significato principale, che è l’incomunicabilità, la paura di dirsi e di darsi, i traumi del corpo e quelli della mente. E’ un film pieno di metafore (alcune anche un po’ banali se vogliamo… la protagonista femminile è sorda e il protagonista maschile è cieco)… Ne scrivo perché mi torna in mente spesso in questo periodo, che vedo l’incomunicabilità alle base di tante sofferenze, di strade sbagliate, di equivoci irrisolti, lasciati lì… liberi di continuare a ferire …Mi è piaciuto l’obiettivo di questo film, l’interpretazione straordinaria dei due protagonisti principali, lei, Hanna, (Sarah Polley) e lui, Joseph (Tim Robbins). Ma è la storia di Hanna, bella e terribile, ed è la sua interpretazione che cattura e affascina. Io vorrei che sempre la parola avesse il potere di guarire, vorrei che tirare fuori le cose fosse facile per tutti, vorrei che il coraggio per affrontare le cose storte scorresse dai rubinetti insieme all’acqua, così che tutti potessero disporne. Questo film mi fa male…accidenti a lui che mi torna in mente!

29 novembre 2008

I desideri

Immagina una serata tra vecchie care amiche…Immagina cuscini e divani e veli e colori…Immagina profumi e pensieri diversi che nell’aria si mischiano, creando un unico profumo che chiameresti intimità…Si ride, si scherza, si ricorda, si fanno congetture, c’è chi beve, c’è chi fuma, chi prepara una tisana, chi ancora mantiene un certo contegno…la musica che non è mai scelta a caso apostrofa gli sguardi. Una situazione dove si sa l’importanza dei gesti e dei silenzi…Si gioca, ad interrogarsi sui propri desideri, che crescendo sono sempre più circoscritti, perché sono desideri che conoscono i propri confini e che hanno imparato a contenersi…


E ad ogni fazzoletto di vita sembra corrispondere un libro…

In questo caso, calza a pennello un gioiello della casa editrice Orecchio acerbo, un libro dell’illustratrice italiana Mara Cerri (che, in questo caso, ha curato anche il testo). Il titolo A una stella cadente suggerisce già il contenitore di desideri che l’autrice offre. Una piccola raccolta di desideri espressi appunto ad una stella cadente divinamente illustrati da quest’artista che non smette di incantarmi. Un altro libro che incanta per la poesia delle immagini e per quella delle parole, in egual misura. Un libro di poche pagine che libera dalla pesantezza.

Alcuni dei desideri illustrati


Scoprire cos’hanno dentro tutte le cose che non parlano


Riuscire a controllare quello che si dice


Cancellare le cose che non sono per tutti


Sapere i confini del corpo

…e ancora…il mio preferito


Riconoscere gli altri fuori da sé e lo stesso poterli contenere


I desideri vanno espressi perché possano realizzarsi. A una stella cadente, al vento, alla persona amata, agli amici, anche al nemico, a Dio…. a chi voglia ascoltarli, ma devono uscire da noi…se no soffocano!

26 novembre 2008

...ieri Enzo avrebbe compiuto 52 anni... mi piace pensare che, in questo presente che ci vede divisi, il nostro brindisi ricordi le sue parole, scritte come dedica in un libro per Anna...

"Ogni esistenza che scorre riversa nella memoria una grande quantità di
ricordi dai più lievi ai più intensi che riescono a rievocare sensazioni
forti, tattili e di odori, di suoni e impressioni. I nostri occhi, ma anche
le nostre mani e le nostre ossa e la nostra carne ricordano. Non
dimenticano.
Siracusa è un luogo: è un luogo del tempo, un luogo dello spazio, di
mare e di terra e di cielo e di sole ma è soprattutto un luogo della memoria
perchè è in esso che tutto viene fermato in istanti perfetti d'amore che
come comete continueranno a ruotare all'interno della memoria ciclicamente
riportando alla pelle tutte le volte le stesse sensazioni fino alla fine del
tempo."


Scritto ad Altofonte il 28 ottobre 1994


Enzo...tu abiti la nostra memoria.


24 novembre 2008

25 novembre


La data del 25 novembre come Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne è stata scelta dall'ONU in memoria delle tre sorelle Mirabal, violentate e uccise il 25 novembre 1960 nella Repubblica Dominicana.**

Da un'indagine dell'ISTAT risulta che una donna su quattro ha subìto violenza sessuale nel corso della propria vita e una su cinque ha comunque subìto violenza fisica. E ormai sappiamo anche fin troppo bene che le violenze si consumano prevalentemente nell'ambito familiare e che, in Italia, il 68% circa degli stupri è opera del partner.

Sarà sempre perché l'uomo uccide ciò che ama?

** da indymedia.org :
Che cosa accadde il 25 novembre 1960?

Minerva e María Teresa andarono a visitare i loro mariti alla prigione, in compagnia della sorella Patria. Furono intercettate in un posto solitario della strada da agenti del Servizio Militare di Intelligenza. Condotte ad un canneto vicino, furono oggetto delle più crudeli torture, prima di essere vittime di quello che si è considerato il crimine più orripilante della storia dominicana. Coperte di sangue, massacrate a colpi, strangolate, furono messe nuovamente nel veicolo nel quale viaggiavano e gettate in un precipizio, con la finalità di simulare un incidente. L'assassinio delle sorelle Mirabal produsse un gran sentimento di dolore in tutto il paese, ma servì per fortificare lo spirito patriottico di un paese desideroso di stabilire un governo democratico che garantisse il rispetto alla dignità umana.
La memoria di queste coraggiose sorelle, martiri che rischiarono le loro vite e le diedero, effettivamente per la causa della donna ci riempie di speranza e ci dà forza per continuare a lottare per una società ugualitaria nella quale donne ed uomini possano vivere in fraternità umana.

23 novembre 2008

L'olivo

Tra tutti i lavori periodici della campagna, la raccolta delle olive è quello che mi piace di più. Non è solo perché si sta in mezzo agli alberi, a volte proprio aggrovigliati, ma per tutto un insieme di gesti che si ripetono. Quando si raccolgono le olive si trascorre tutto il giorno all’aria aperta, anche con temperature basse, anche col forte maestrale, si sta fuori, a lavorare sempre di buonumore, a raccontarsi, a ricordare le annate precedenti. A volte ci piace onorare la tradizione, altre volte ci piace sperimentare nuovi metodi e nuovi sistemi. Capita anche, in certe domeniche di caccia, di sentire spari qua e là e tu magari sei sull’albero e pensi sempre che un giorno o l’altro ti scambieranno per un volatile e ti impallineranno. Anche se magari non è il momento della caccia ai volatili, chissenefrega, i cacciatori fanno un po’ come gli pare…sempre.

Ci si stanca, però alla sera si torna dentro e un bicchiere di vino rosso non ce lo toglie nessuno, magari anche più di uno…Ci sentiamo come bambini felici di aver compiuto i propri compiti, secondo me ci sentiamo anche più grandi, e ci piace ricompensarci e rallegrarci di una fatica bella.

Mi piacciono questi momenti, perché si sta in compagnia e anche da soli, e mi piacciono soprattutto quei momenti di silenzio che si creano, e ognuno è lì impegnato col suo ramo da pulire e assorto nei suoi pensieri. Poi la soddisfazione di gustare prima e soprattutto il profumo, che è come calarsi nelle viscere della terra, e poi il sapore fortissimo ma irrinunciabile dell’olio appena franto.

.


L’olivo, è universalmente riconosciuto come IL simbolo della pace…ironia della sorte, questo albero trova il suo abitat migliore in Palestina! Ho letto (ma sono costretta ad essere vaga e a non poter citare la fonte dell’informazione) che dalla seconda Intifada, sono stati sradicati dalle terre palestinesi più di mezzo milione di olivi. E che tra i coltivatori palestinesi e i campi coltivati sono stati messi tantissimi ostacoli, anche a causa del muro dell’apartheid costruito da Israele che, una volta completato, produrrà questa ulteriore beffa: su nove milioni di alberi di olivo censiti nella Palestina, solo un milione sarà raggiungibile!


20 novembre 2008

i libri non si toccano neanche con un fiore

[Jan Davidzs de Heem (1606-1684) Book]


9 regole per insegnare ai ragazzi ad odiare la lettura

1) Presentare il libro come un'alternativa alla TV

2) Presentare il libro come un'alternativa al fumetto

3) Dire ai bambini di oggi che i bambini di una volta leggevano di più

4) Ritenere che i bambini abbiano troppe distrazioni

5) Dare la colpa ai bambini se non amano la lettura

6) Trasformare il libro in uno strumento di torura

7) Rifiutarsi di leggere al bambino

8) Non offrire una scelta sufficiente

9) Ordinare di leggere


Come si legge un libro? Come si tiene in mano, come bisogna trattarlo…Riguardo ai libri ho visto cose che noi umani…altro che porsi questi interrogativi! Ho visto mamme imporre i libri ai propri bambini, imporre quei libri rispetto a quelli scelti dal bambino. Ho visto ragazzi alla ricerca del libro più sottile, spinti da un obbligo alla lettura. Ho visto e sentito persone che hanno… “già letto tutto”. Ho visto degli insospettabili, durante una festa, poggiare tranquillamente i propri bicchieri di vino direttamente sui libri. Ho visto libri usati come piano d’appoggio per preparare una canna.

I libri devono essere vissuti, si. Vissuti, non violentati.

Ho visto anziani trattare i libri come oggetti fragili e preziosi, e anche bambini fare lo stesso. Ho sentito gente definire Proust o Dostoevskij “una vera palla” e gente che chiedeva al libraio “l’ultimo della Mazzantini: Stai fermo!” (il titolo è "Non ti muovere"). Ho sentito qualcuno scambiare Tabucchi per uno scrittore giapponese.

Ho visto classi intere di bambini assorti e rapiti nell’ascolto di una bella storia e ho visto intellettuali rumoreggiare o dormire sonoramente durante la presentazione di un libro.

Credo che Rodari, nelle sue 9 regole per insegnare ai bambini ad odiare la lettura, avesse visto giusto quando invitava gli adulti a non offrire il libro come alternativa al fumetto. Hanno pari dignità. Seguo Julia, il fumetto della Bonelli, dal 1° numero. Mi piace per tante ragioni: perché la protagonista è una donna (con le sembianze di Audrey Hepburn per giunta!), è una criminologa, una indagatrice dell’animo umano, perché l’analisi psicologica è lo strumento principale di indagine, perché è ben disegnato…e per tanto altro ancora.

Dal numero di agosto “L’uomo che amava i libri”, ho tratto questa sequenza a proposito del rispetto per i libri

***cliccando sulla foto potete ingrandirla e leggere il testo



15 novembre 2008

brama di conoscenza

Esattamente come gli amici, non tutti i libri che incontriamo nella nostra vita sono destinati a rimanerci accanto. La libera circolazione dei libri presi in prestito, tra biblioteche pubbliche, bookcrossing e scambi tra amici, ci danno la possibilità di valutare i libri che vorremmo da quelli che una volta letti scivolano via. Ci sono quelli che, dopo averli letti, sai che DEVI avere, perché sai che ci tornerai su quelle pagine, perché quel concetto espresso così bene vuoi averlo a portata di mano. In questo senso posso dire di essere in attesa di alcuni che so che porterò a vivere con me e, allo stesso tempo, di avere già un considerevole numero di amici di lunga data. Uno di questi è senza dubbio la raccolta di poesie di Suor Juana Inés de La Cruz. Un libro a cui torno, di tanto in tanto.

Come spesso accade, di certi autori incanta se possibile più la vita che le opere. Nel caso di questa suora messicana nata nel 1648, l’ammirazione oscilla tra la sua personalità e i suoi versi. Avida di conoscenza, insaziabile scrutatrice del sapere, niente la interessava di più che lo studio e la ricerca. Imparò a leggere a tre anni, di nascosto. Appena ragazzina venne a sapere che a Città del Messico c’erano delle scuole dove si studiavano le maggiori scienze e lei tormentò la madre chiedendo di essere mascherata da ragazzo per potersi iscrivere all’università. Il sapere, solo questo contava, perché lei non dava per scontata la sua inferiorità e aspirava invece a pari opportunità di formazione con gli uomini.

Nessuna cosa è più libera

dell’intelligenza umana:

e quel che Dio non violenta

io lo dovrei violentare?

Aveva dei bellissimi capelli lunghi e li usava come banco di prova nella sua folle corsa alla conoscenza: li tagliava decidendo che, se una volta ricresciuti non avesse imparato una certa quantità di cose che si era programmata, li avrebbe tagliati di nuovo. Per autopunizione, per la disciplina che regolava i suoi sogni e le sue aspirazioni.

Il mio calamaio è il rogo

nel quale devo bruciarmi

Dai 16 ai 20 anni visse nel Palazzo dei Vicerè, ma la vita mondana non si conciliava con la sua natura schiva, col suo ascetismo, con la sua sola e unica aspirazione. Ed essendo una donna del 17 secolo, aveva solo due alternative, il convento o il matrimonio. Non fece mistero della sua avversione al matrimonio, da spirito libero in piena Inquisizione entrò per scelta in convento, scegliendo una dimensione che le permettesse di continuare a dedicarsi ai suoi studi. In convento infatti studiò teologia, letteratura, scienze, storia, musica. La sua piccola cella era ricolma di libri e, via via che si appassionava alle scienze, anche di strumenti vari. In seguito ad un richiamo delle autorità religiose che la invitavano ad una misura e ad una maggior cura della devozione, Suor Juana scrisse una lettera in cui invocava il diritto allo studio e per tutte le donne pari opportunità di formazione. La famosa Risposta a Suor Filotea (che in realtà era il vescovo), che vale davvero la pena leggere per capire meglio lo spirito di questa donna incredibile. La quarta di copertina della raccolta di poesie recita:


“[…] Pochi uomini possono vantare una così adamantina, superba, disperata tensione intellettuale, come questa suora messicana: sognava di essere androgina, di dimenticare il suo sesso e ogni sesso, il suo corpo e l’intero regno dei corpi, tutte le vicissitudini delle sensazioni e dei sentimenti[…]”


Le citazioni sono tratte da Poesie, Suor Juana Inés de La Cruz, Milano: Rizzoli, 1983

14 novembre 2008

...ma davvero la Storia siamo noi?



Sempre e ancora senza vergogna...La sentenza per la mattanza alla Scuola Diaz durante il G8 di Genova 2001 non meraviglia affatto, ma fa respirare un senso di ingiustizia che finisce per occupare tutto lo spazio respirabile. Tra i tanti libri sull'argomento ne segnalo un paio che mi hanno coinvolta particolarmente




*Non lavate questo sangue, Concita De Gregorio, Roma ; Bari : Laterza, 2001

*Noi della Diaz. La notte dei manganelli e i giorni di Genova nel racconto del giornalista che era dentro la scuola, Lorenzo Guadagnucci, Terre di mezzo / Altraeconomia, 2008

10 novembre 2008

Mama Africa


Grazie Miriam...