30 dicembre 2008

Repetita iuvant


[GIPI per Internazionale]

Mi sono accorta che i miei propositi per il nuovo anno, e per la vita, sono uguali a quelli dello scorso anno…Qualcosa vorrà dire…

Repetita iuvant.

I miei propositi sono questi, in queste parole che Arundhaty Roy dedica ad un’amica. Sono propositi importanti, obiettivi da tenere bene a mente, sentieri da percorrere...


Amare. Essere amati. Non dimenticare mai la

propria insignificanza.

Non assuefarsi mai all’indicibile violenza

e alla grossolana disuguaglianza della vita intorno a te.

Cercare la gioia nei posti più tristi.

Inseguire la bellezza fin dentro la sua tana.

Non semplificare mai le cose complicate e

non complicare mai le cose semplici.

Rispettare la forza, mai il potere.

E, soprattutto, guardare. Cercare di capire. Non distogliere mai lo sguardo.

E mai, mai dimenticare.

[da: A. Roy, Il dio delle piccole cose, Guanda, 2001]


Così voglio vivere!



24 dicembre 2008

letterina a babbo natale

Caro Babbo Natale il regalo che vorrei

STEFANO BENNI [la Repubblica, 24 dicembre 2001 ]

Caro Babbo Natale, sono un bambino italiano medio e ti spedisco la consueta letterina per i regali. Ti avverto subito che il tono sarà diverso da quello degli anni passati, ma viviamo tempi difficili e mi sono dovuto adeguare: comunque, leggila con attenzione. Anzitutto ti prometto che non sarò buono. Buono è un termine adatto a una telenovela, a una partita del Cuore, a un lacrimatoio in diretta tivù. Ma una bontà senza telecamere e senza Auditel è fatica inutile. Non ti dico neanche che sarò onesto e corretto, perché mi giocherei la carriera parlamentare. Per prima cosa, quindi, non ti chiedo perdono dei peccatucci commessi. Sì, ho rubato qualche lira dal portafoglio di papà, ma ti prometto che non lo farò più. Dal prossimo anno ruberò solo euro. Ho usato il rossetto al silicone di mamma sul cane e l' ho quasi trasformato in un tapiro. Ho sostituito il calendario di Frate Indovino del nonno col calendario di Martina Colombari e non sono neanche andato a trovarlo nel reparto rianimazione. Ho corrotto il bidello per una piccola modifica costituzionale: gli ho fatto cambiare i miei voti nel registro. Ho investito uno in motorino e non mi sono fermato, ma avrei fatto tardi a scuola. Ebbene sì, qualche carognata l' ho fatta, ma come dice un paleovinile dei tuoi tempi, «nessuno mi può giudicare». Tu vieni da un nevoso paese scandinavostalinista che non conosce neanche il prosciutto, e nessun giudice straniero ficcherà il suo fottuto naso giacobino negli affari del popolo italiano. Perciò lascia da parte rimproveri e rogatorie. Se vuoi proprio saperlo, ho anche detto un sacco di bugie e ho fatto la spia in classe, ma non è certo un peccato, anzi è vivamente consigliato dai nostri governanti. Ho denunciato un professore che ci faceva leggere A Silvia di Leopardi, con evidente derisione del nostro premier. Ho picchiato un mio compagno di scuola, ma era di colore e vendeva temi prefabbricati, se questi sono venuti in Italia per rubarci il lavoro, se ne stiano a casa loro. Quando la maestra fa lezione, io, insieme a tutta la classe, le parlo sopra, sbraito e la interrompo. Una volta lei si è incazzata urlandoci: ma dove avete imparato queste cose, e noi abbiamo risposto: nei talkshow, signora professoressa. Ha dovuto darci ragione. Naturalmente sono stato disonesto. Ho falsificato la mia firma sul libretto delle assenze. Dovevo andare a scuola, ma c' era anche una partita di pallone. Era un caso lampante di conflitto di interessi e tu sai come vanno queste cose in Italia. Una notte ho visto dei miei compagni che bruciavano un asilo e li ho lasciati fare, era un asilo pubblico e l' ho interpretato come un gesto di solidarietà con la Moratti. Ti sembran tempi per lezioni di moralità? Vedo quei signori con il cravattone verde, che una volta erano i campioni della lotta alla corruzione e del sempreduro e adesso sono ministeriali e bazzotti, una volta gli facevano schifo i fascisti e adesso ci scodinzolano insieme. Se loro hanno fatto carriera così, perché non dovrei farlo io? E adesso passiamo alle cose serie, cioè ai regali. Per prima cosa voglio altre due playstation. Non ricordarmi che ne ho già una, il nostro premier ha sette televisioni e si lamenta che l' informazione è tutta in mano ai comunisti. Beh, anche io voglio tre playstation per contrastare l' avanzata marxista nella tecnologia ludica. Poi voglio videogiochi di guerra e armi. E non pensare di rifilarmi le solite spade di plastica. Guardando gli esperti militari in televisione, ho capito che ci sono armi buone e armi cattive. Il kalashnikov è cattivo perché fa rumore, il B 52 è buono perché quando ti sorvola romba silenzioso lassù in alto, e tu puoi continuare a fare i compiti. Le mine antiuomo, come dice il nome, non colpiscono le donne e i bambini. Io vorrei quella meravigliosa bomba Usa che si chiama tagliamargherite, quella che spazza via tutto nel raggio di dieci chilometri. La tirerei nel mio quartiere, così finalmente noi bambini avremmo uno spazio libero dove giocare a pallone. Se non me la porti, allora vuol dire che sei contrario a una città vivibile per l' infanzia. Dici che sono giochi violenti? Beh, ho visto il video di Osama che festeggia lo sterminio degli odiati nemici, ma sono convinto che anche Bush e Sharon festeggiano dopo aver bombardato, e anche il nostro presidente del consiglio ha brindato alla notizia che entravamo in guerra. Insomma, la guerra eccita tutti e non vedo perché solo noi bambini dovremmo essere esclusi. Oltretutto, a differenza dei guerrafondai, noi sappiamo anche godere in altri modi. Ma qua invoco la legge sulla privacy. Naturalmente, non dimenticare la mia famiglia. Il mio fratellino minore vorrebbe una sedia elettrica per criceti e mio fratello maggiore un lanciagranate da stadio. Mia sorella vorrebbe tanto il Lego Lunardi, quello che ti danno la scatola gratis ma appena hai costruito qualcosa arriva un tecnico nominato da Lunardi e ti fa una perizia da cinquanta milioni. Non scordarti del mio papà che è leghista e fa il presepe con due buoi perché dice che l' asino è da terroni. Portagli una divisa da sceriffo della polizia padana. A mio zio che è di Forzitalia il salvavviso Beghelli che trilla quando sta per arrivare la finanza. Per mia mamma progressista un ombrello, oppure va bene anche un vecchio regalo riciclato, dopo il ritorno di D' Alema è rassegnata a tutto. E passiamo ai videogiochi. Anzitutto vorrei Guazzalook, un gioco dove hai un anno di tempo per soffocare gli abitanti di una città col traffico, lo smog, il cemento selvaggio e la svendita del verde pubblico. Poi vorrei il Processo del Lunedì, ma se pensi che sia troppo violento mi accontento di Mortal Kombat. Come ultima cosa, vorrei un osso di juventino per il mio cane e il kit della mia squadra con le maglie, le scarpette e una bottiglia di nandrolone. Portami questi regali in fretta e senza discutere. Anzi, a proposito di velocità, perché vai in giro con quelle renne puzzolenti e radioattive? Hai visto la motoslitta biposto della Fiat con turbo e sospensioni anticrepaccio? Ma perché non ti modernizzi? E poi cambia stile: non farti chiamare Babbo Natale, ma Padrino Natale o Don Natale, o meglio di tutto Venerabile Natale, e nel mio paese ti saranno spalancate tutte le porte e i camini. Via la barba, che tutti i cattivi hanno la barba, e via l' abito rosso. Ma soprattutto, stai attento. Se mi porti del carbone, potrei telefonare a Scaiola segnalando che nello spazio aereo italiano si aggira un extracomunitario su un mezzo volante. Poi dovrai spiegare cos' è quella polverina d' oro sulle tue letterine. Per finire: non passare dal camino, papà l' ha murato per paura dei ladri, e ha anche messo un cancello con l' allarme e sei rothwailer che in confronto Gasparri è un chihuahua. Perciò consegna i regali al mio amico Ciccio, sul ponte della tangenziale alla mezzanotte del ventiquattro. E bada che non manchi niente o farai una brutta fine. Lo so che questa letterina ti stupirà, ma mi sono dovuto adeguare. Naturalmente so benissimo che al mondo ci sono penosi inconvenienti come la fame, la guerra e lo statuto dei lavoratori, ma intanto riempimi la saccoccia. Ho imparato bene la lezione?
P.S. - L' anno scorso pensavo che tu non esistessi, ma poi ho visto Castelli ministro guardasigilli e salvasilvi, la Pidue riabilitata, le balle di Fini su Genova e la corsa a ruffianarsi il ducetto nelle adunate pariolinobrianzole di Leccolandia. E questa bella sinistra di zucchero filato, che aspetta che il cavaliere sostituisca la costituzione con un palinsesto, dove magari, per l' opposizione più moderata, ci sarà un posticino, un divanino, un programmino dopo le quattro di notte. Allora ho capito che c' era posto anche per te, nell' immaginario collettivo. Ti aspetto.

21 dicembre 2008

...se...



Se di me non parlo

e non mi ascolto

mi succede poi

che mi confondo

[Patrizia Cavalli, Poesie (1974-1992), Einaudi, c1992]


Accade spesso che questa poetessa mi spinga nelle viscere della terra…

Confondersi mai, uscire troppo da sé quel tanto da dimenticarsi, mai.

Parlare di sé perché i pensieri non siano più soli.

Perché le cose dette assumono una forma e una sostanza diversa da quelle pensate.

Parlare di sé per trovare o negarsi conferme, per la presunzione di lasciare delle verità di noi, per la necessità di ritrovarsi rileggendosi. Parlare di sé per non negarsi, per tenersi bene a mente

…E quindi parlare di sé per ascoltarsi.

Ma… Ascoltarsi è un lusso e un dovere e un piacere. Possibile che tutte queste cose insieme non siano sufficienti sempre a spingerci a farlo? E se penso di ascoltarmi troppo? Che succede quando uno si pensa e si ascolta troppo e dimentica, allenandosi, le correnti esterne? Come ci si ritrova, a volte, a non saper uscire da sé e confondersi?


Il viaggio dentro sé stessi non deve impedire agli altri di entrare, né a noi di uscire


17 dicembre 2008

gatti

Avevo calzato le pantofole e indossato la vestaglia.

Asciugai una lacrima provocata dal vento che soffiava dal viale e mi oscurava la vista. Nel caminetto del mio studio ardeva un fuoco vivace. Cristalli di ghiaccio simili a foglie di felce ricamavano i vetri delle finestre e mi nascondevano la Senna, i suoi ponti e il Louvre dei Valois. Avvicinai al fuoco la poltrona e il tavolino e presi accanto alla fiamma il posto che Amilcare si degnava di lasciarmi. Amilcare, a capo degli alari, sopra un cuscino di piume, stava raggomitolato col naso tra le zampe. Un respiro regolare sollevava la sua pelliccia fitta e leggera.

Al mio avvicinarsi fece lentamente scorrere le iridi d’agata tra le palpebre semichiuse, che quasi subito riaccostò, pensando:

“Non è niente, soltanto il mio amico”


[Anatole France, Il delitto dell’accademico Silvestre Bonnard, Biblioteca del vascello, 1993]


…chi vive con un gatto può capire bene il rilassante quadretto descritto da Anatole France, direi che può visualizzarlo perfettamente. Quando osservo il mio gatto che se ne sta lì, spudoratamente rilassato, provo sempre una profondissima invidia, e una smisurata ammirazione per la sua capacità di “assentarsi” comodamente, di ritagliarsi, in qualunque situazione e in qualunque luogo, il momento del sonno, dell’ozio fine a se stesso.

Il mio gatto mi guarda storto quando, al mattino, la sveglia che mi butterà giù dal letto urla come un'ossessa…Odio la sveglia! E il mio gatto anche. Quando i nostri sguardi si incontrano esprimono lo stesso disappunto. La differenza è che LUI, dopo aver ricevuto la sua colazione, torna a dormire (e sicuramente di filato) fino al mio rientro a casa. IO…….. no!

Osservare gli animali mi piace tantissimo, i cani e i gatti in particolare sono una vera passione.


Nell'osservazione dei gatti diventa quasi una tentazione irresistibile fare comparazioni con gli umani, intuire quanto c’è da imparare da questi silenziosi, dignitosi amici e quanto noi siamo complicati e qualche volta incoerenti, ma…

Se aveste mai dormito con un gatto

o un cane adagiato sopra al grembo,

ora sapreste che la metamorfosi è possibile –

che uomo e gatto e cane sono

entità volatili e cangianti: nel sonno

condiviso scompaiono le stinte

gerarchie tra cavalieri e fanti


[Franco Marcoaldi, da : Eugenio Scalfari, L’uomo che non credeva in Dio, Einaudi, 2008]

11 dicembre 2008

bambini... fuori!

I bambini devono vivere in armonia il più possibile...

Devono conoscere e vedere giochi e colori e sorrisi e cose che si muovono. I bambini devono essere protetti. E’ un imperativo assoluto.

Ci saranno sempre occasioni per tornare sull’argomento ma oggi voglio parlare dei bambini reclusi.

Ci sono bambini che vivono e crescono dietro le sbarre, per colpe commesse dalle proprie madri.

Sono figli di donne con reati che vanno dal furto al traffico di droga. I loro uomini…chissà dove sono.

Secondo il rapporto Antigone di luglio 2008, le detenute in Italia sono 2835 di cui 68 con figli da 0 a 3 anni di età.

I bambini reclusi sono 70.


E i bambini vanno protetti, anche da muri grigi, silenziosi e ostili.

La legge dell’8 marzo 2001, dell’ex ministro alle Pari opportunità Anna Finocchiaro, ha un po’ “umanizzato” alcune norme in materia di carcerazione femminile. Il testo di legge, tuttora in vigore, prevede alcune misure alternative, ad esempio la sospensione della detenzione per le madri fino al compimento del 10 anno di vita del proprio figlio. Queste donne possono scontare ugualmente la pena ma in strutture protette o in casa. Ovviamente, essendo le detenute per la maggior parte extracomunitarie, non tutte possono usufruire di questi benefici, perché spesso non hanno fissa dimora al momento dell’arresto.


I bambini vanno protetti e immancabilmente si alzerà la voce che dice “ci doveva pensare la madre prima di compiere un reato” e certamente è giusto anche questo. Spesso però quelle madri sono vittime esse stesse, per prime, di uomini che le sfruttano, le picchiano, le usano come corrieri. E in ogni caso…non me la sento neanche di immaginare che questa realtà non mi riguardi.

Ho letto su l’Unità un articolo che racconta la bella realtà dell’Associazione “Roma Insieme”, da alcuni anni porta avanti un progetto col Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria di Rebibbia, che ha come obiettivo, racconta la presidente Leda Colombini, “[...[]l’uscita dei bambini dal carcere per fargli frequentare dei luoghi normali, come un parco, il giardino di una casa, il mare”.

A collaborare con l’Associazione, negli anni si sono aggiunti comuni cittadini e istituzioni creando una vera e propria rete di volontariato. Una volta la settimana i bambini escono e possono venire ospitati da persone comuni che per esempio abbiano una campagna, persone che si prenotano e che offrono ai piccoli una giornata diversa. Così il sabato i bambini dietro le sbarre escono da Rebibbia...Così il sabato diventa un giorno speciale, anzi NORMALE!

Ora il Ministro della giustizia, Alfano, vuole portare avanti un progetto che prevede la confisca dei beni dei mafiosi da destinare a strutture “che non abbiano le sembianze di luoghi di detenzione”…l’Associazione “Roma Insieme” trema all’idea e manifesta il proprio dissenso perché teme che quelle strutture diventino carceri fuori dal carcere. Credo che quest’Associazione conosca molto bene la realtà di tutti giorni, perché dal basso si sporca le mani, non sentenzia dall’alto un’ignoranza delle cose e obiettivi altri. E propone che vengano realizzate delle case famiglia protette, gestite dai servizi sociali del Ministero della Giustizia.

I bambini vanno protetti, tutti, anche quelli che hanno una mamma che ha sbagliato, anche quelli che hanno un padre che non si cura di loro e magari sta dentro un altro carcere o per i fatti suoi.

Tutti vanno protetti. E’ un imperativo assoluto.

[disegno mio]



7 dicembre 2008

Da un po’ di tempo mi torna in mente, spesso e in diverse circostanze, un film che ho cercato affannosamente solo per la bellezza del titolo. La vita segreta delle parole. L’ho cercato senza volerne sapere niente, come a volte capita con i libri, un titolo che ti chiama, che ti evoca qualcosa di irresistibile…Magari si rivela una perdita di tempo, però hai quella giusta dose di masochismo da volerlo scoprire da sola…Altre volte, un bel titolo conferma un buon libro (L’ombra del vento…e mille altri)…

La vita segreta delle parole è il secondo film della regista spagnola, Isabelle Coixet, prodotta dai fratelli Almodovar. Il suo primo lavoro, La mia vita senza di me, è ugualmente un film dolorosissimo…E proprio per la bellezza del titolo, un paio d’anni fa, ovviamente dimenticando di averlo già visto, l’ho preso a noleggio 3 volte!!! Ecco un esempio di quanto la bellezza inganna!

Mi pare che la regista senta come missione quella di indagare il dolore, di mettere a nudo, attraverso situazioni estreme e personaggi un po’ alienati, ogni tipo di ferita subita e inferta. Il suo intento si capisce, ma non sempre riesce ad andare in profondità.

La vita segreta delle parole…C’è una piattaforma petrolifera, in mezzo all’Oceano, dove accade un incidente in cui un operaio perde la vita e un altro rimane momentaneamente cieco e gravemente ustionato. Su questa piattaforma dove ci sono solo uomini, arriva Hanna in qualità di infermiera.

Hanna in realtà lavora in fabbrica, lavora tantissimo, tanto che il suo capo la obbliga gentilmente a prendersi una vacanza. Ma Hanna non sa cosa sia una vacanza…non sa che farsene. E’ sorda e usa l’apparecchio, ma ogni tanto, quando crede non sia più “necessario” lo toglie. La sua vita è scandita perfettamente da ossessive abitudini…cosa è una vacanza? Così parte per quella piattaforma, in quel punto sospeso nel mare. In virtù di un suo passato da infermiera, va a curare questo malato speciale, lontano da tutti.

Ho tentato di raccontarlo ad un’amica questo film, ma mi sono resa conto, e lei con me, che non si capiva se mi era piaciuto o no, se mi aveva emozionata…non so esprimere un parere, non è un film facile. Mi ha interessata il significato principale, che è l’incomunicabilità, la paura di dirsi e di darsi, i traumi del corpo e quelli della mente. E’ un film pieno di metafore (alcune anche un po’ banali se vogliamo… la protagonista femminile è sorda e il protagonista maschile è cieco)… Ne scrivo perché mi torna in mente spesso in questo periodo, che vedo l’incomunicabilità alle base di tante sofferenze, di strade sbagliate, di equivoci irrisolti, lasciati lì… liberi di continuare a ferire …Mi è piaciuto l’obiettivo di questo film, l’interpretazione straordinaria dei due protagonisti principali, lei, Hanna, (Sarah Polley) e lui, Joseph (Tim Robbins). Ma è la storia di Hanna, bella e terribile, ed è la sua interpretazione che cattura e affascina. Io vorrei che sempre la parola avesse il potere di guarire, vorrei che tirare fuori le cose fosse facile per tutti, vorrei che il coraggio per affrontare le cose storte scorresse dai rubinetti insieme all’acqua, così che tutti potessero disporne. Questo film mi fa male…accidenti a lui che mi torna in mente!