29 dicembre 2009

di bilanci, desideri e propositi

Non so se ricorderò questo 2009 come l’anno della Grossa Crisi, o come quello del record delle morti in carcere, oppure come l’anno in cui la politica ha coniato un nuovo linguaggio (sempre più lontano dalla politica) e inneggiato, nel bene e nel male, al corpo dell’Imperatore.



Sicuramente cercherò di conservare la memoria di quei grandi che si è portati via…


Ricorderò il 2009 perché l’iperico è fiorito a maggio mentre i tigli hanno tardato la fioritura, perché è mancato il piccolo Greg e perché gli olivi hanno riposato. Lo ricorderò per le alluvioni e gli incendi. E per il terremoto in Abruzzo.

Lo ricorderò per la stanchezza che mi ha portato e le piccole paure che HO PAURA di veder crescere.


Lo ricorderò come un anno misero misero di buone notizie, che c’erano…ma chi le sentiva più?


In questo anno trascorso ho seminato e raccolto, nella terra come nella vita. Non ho mancato di commettere errori, di quelli che dovrebbero dare la possibilità di crescere… Come essere umano ho sbagliato e, come tale, ho anche subìto. Ho ricevuto doni e ho potuto farne. La vita è riuscita a smentirmi ancora tante volte, e certe volte mi è piaciuto un sacco.



Vorrei, in questo nuovo anno, poter avere meno pazienza e coltivare invece altre virtù.


Ancora, questo 2009 lascia in eredità a chissà quanti altri anni a venire un dubbio che mi accompagna: quanto sono capace di uscire da me?

Questo cercare di capire se stessi per capire meglio gli altri non mi convince più…non funziona.

Il rischio resta sempre quello di concentrarsi troppo su di sé.


Ma con quanta leggerezza invece ho potuto godere spesso anche, e soprattutto, delle piccole cose, che non hanno pretese e stanno comode come sassolini in una tasca. Le cose semplici ancora una volta mi hanno fatto apprezzare le mie giornate, anche quando ho smarrito il mio tempo, quando sono stata fraintesa e ferita, quando gli altri erano troppo, quando tutto intorno era incomprensibile…è stato il ricongiungimento con le piccole gioie a placarmi.


Per il nuovo anno ho un desiderio e dei propositi che ormai da tanto si rinnovano


Desiderio:

Riconoscere gli altri fuori da sé e lo stesso poterli contenere

[da: Mara Cerri: A una stella cadente, Orecchioacerbo, c2007]


Propositi:

Amare. Essere amati. Non dimenticare mai la

propria insignificanza.

Non assuefarsi mai all’indicibile violenza

e alla grossolana disuguaglianza della vita intorno a te.

Cercare la gioia nei posti più tristi.

Inseguire la bellezza fin dentro la sua tana.

Non semplificare mai le cose complicate e

non complicare mai le cose semplici.

Rispettare la forza, mai il potere.

E, soprattutto, guardare. Cercare di capire. Non distogliere mai lo sguardo.

E mai, mai dimenticare.

[da: A. Roy, Il dio delle piccole cose, Guanda, 2001]


Buon anno nuovo a tutto il mondo :-)

disegni: ©Arnicamontana

27 dicembre 2009

Gerusalemme

dal blog di Punalua

(Alice, mi hai commossa davvero e la musica di Björk ci sta benissimo!)

19 dicembre 2009

così

Il Natale non mi piace. Non solo, banalmente, per la festa del consumismo che è ormai diventata…Non mi piace perché amplifica e permea ogni cosa e rende tutto ancora più evidentemente ingiusto. Fa sentire ancora più povero chi è povero, più solo chi è solo, più triste chi è triste. Amplifica le disuguaglianze sociali, spinge pericolosamente all’omologazione.

Così mi sento in questo periodo, un po’ tristanzuola e un po’ pensierosa.

Io dico che, se è occasione per stare coi propri cari ben venga e non voglio dimenticare di ringraziare perché ancora abbiamo occasione di riunirci.

Poi però rivoglio subito il mio silenzio abitato e la mia pace.

Buone feste a tutti :-)

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Dunque, d’ora in poi parlerò ogni notte. Con me stessa. Con la luna. Passeggerò, come ho fatto

stasera, gelosa della mia solitudine, nell’argenteo livido della fredda luna, che splende facendo brillare una miriade di scintille sui cumuli di neve appena caduta. Parlo da sola e guardo gli alberi scuri, beatamente neutrali.

Molto più facile che affrontare gli altri, che dover sembrare felice, invulnerabile, brava. Senza la maschera, cammino parlando con la luna, con la forza neutrale e impersonale che non ascolta, ma si limita ad accettare la mia esistenza.

[Da: Sylvia Plath, Diari, Adelphi, 1995]

13 dicembre 2009

7 dicembre 2009

Limiti

C’è un bellissimo albo illustrato in cui Mordicai Gerstein (autore e illustratore) per commemorare il World Trade Center racconta la storia di Philippe Petit, sollecitando tutti a ricordare il bello che c’è stato e ad affidarsi alla poesia e ai sogni.

Ho domato l’influenza e per premiarmi mi sono comprata il Trattato di funambolismo di Philippe Petit che ho prontamente divorato restando anch’io sospesa per un po’ in un tappeto di pensieri che spingevano gli angoli della bocca all’insù e gli occhi a guardare fuori, a cercare il cielo e gli ampi spazi.


[Disegno: ©Arnicamontana. I versi sono tratti da: A. Rimbaud, Una stagione in Inferno, Mondadori, 1979 ]


Chissà se Rimbaud avrebbe mai immaginato che i suoi versi sarebbero stati vissuti e resi arte e meraviglia proprio da un suo connazionale :-)


Quando Fazio ha recentemente invitato Philippe Petit in occasione della riedizione del suo Trattato, ha giustamente tenuto a precisare che, nonostante il titolo, non si tratta di un manuale. E infatti non insegna a diventare funamboli, offre qualche dritta lungo tutto il libro, racconta i suoi passi. Non sembrerebbe una lettura adeguata a chi (come me) soffre le vertigini…eppure mi ha interessata. Continuo ad imparare leggerezza da questo artista silenzioso.


“I limiti esistono soltanto nell’anima di chi è a corto di sogni” scrive Petit.


Così…come quando guardo gli stormi di storni, che con voli perfettamente organizzati tracciano disegni nel cielo…come i versi di Rimbaud…Allo stesso modo queste pagine di Philippe Petit, e le immagini che testimoniano le sue strabilianti imprese, mi sembrano consegnare l’invito a lasciare le zavorre ogni tanto, ad alleggerirsi e sospendersi…

Quel tanto che basta per ricamare anche noi, con piccoli prodigi, il nostro cielo.

E’ nell’atto di sfrondare che si genera equilibrio


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1.[Mordicai Gerstein, The man who walked between the towers, Roaring Book Press, 2003]

2. [Philippe Petit, Trattato di funambolismo, Ponte alle Grazie, 2009]


5 dicembre 2009

...sdegno...

Ho a cuore le parole e le quattro lettere che formano la parola ODIO mi si fermano in gola…Non uso mai il termine ODIO a sproposito o con leggerezza. Il video relativo al cosiddetto “asilo degli orrori” (non ho neppure il coraggio di riportare il link!) però non mi fa venire in mente altro, è una violenza che non riesco in nessun modo a perdonare e il mio odio non serve a niente, tantomeno a restituire inviolabilità a quelle creature indifese.

Fare la maestra (una parola così bella!) senza passione non è esattamente come fare il barista da astemio, o come fare il tabaccaio da non fumatore!

Non riesco a farla passare come una delle tante brutture che ogni giorno ci piovono addosso.

Nella gerarchia del dolore alcune notizie colpiscono e feriscono più di altre.


Se la morte di un anziano è come una biblioteca che brucia, un bambino violato è una parte di futuro…malato per sempre dentro.

I bambini non si toccano e basta. Non mi stancherò mai di gridarlo.

1 dicembre 2009

post-scemo

Sono abituata alla gioia di muovermi in campagna, a provare ammirazione per il portamento di un arbusto, per la fioritura di un albero…Sono abituata ad avere scambi di opinioni con le piante, ad accese discussioni quando una pianta strisciante vorrei che strisciasse a destra e invece lei se ne va a sinistra finendo per abbellire la campagna di vicini inesistenti…


Meravigliarsi di tutto ciò che intorno a noi è vivo e palpita.

Noi ascoltiamo la natura e lei ci ascolta. Magari non sempre ci si rispetta, però ci si ascolta.

A me piace molto mettermi in ascolto, si imparano un sacco di cose.

Tuttavia, l’ascolto è quello che sembra mancare di più nelle relazioni umane. E’ un ingrediente che dà sapore se c’è, e provoca furore se manca.


Molti lamentano “non mi ascolti più!”, ai distratti si rimprovera “senti ma non ascolti!”…


Volevo scrivere un post scemo, non so perché, volevo farlo e basta e ho trovato una notizia che mi ha opportunamente ispirata.

A chi ancora si domandasse dove e in cosa risieda la modernità…

Eccola la modernità! Creare il surrogato di tutto.

Hai bisogno di essere ascoltato? La sollecita tecnologia nipponica accorre in tuo aiuto: eccoti la pianta che ascolta. La Pekoppa plant ti permette di sfogarti con qualcuno quando non sai con chi parlare.




Una piantina di plastica verde (e che colore se no?) con un microchip incorporato le permette di muoversi a seconda di cosa le viene detto.

La tecno-pianta è distribuita dalla Sega toys alla modica cifra di 22$ cadauna.

Se poi volete essere ascoltati da una platea, allora potete crearvi un bell’angolo animato di pekoppe ed eccovi accontentati!

E’ abbastanza scemo?