8 aprile 2011

2 aprile 2011

sacrifici

[Hiroshige, Gufo su un acero sotto la luna piena, 1832-1833 ca.]

Chissà chi sarà chiamato a dare risposte ai bambini, tutti, colpiti dagli ultimi drammatici avvenimenti.

I centomila e più di Sendai e quelli del disperato mondo arabo in fuga dalle dittature. I bambini giapponesi che disegnano… molti di loro non riescono più ad usare il rosa.

Il bambino nato in alto mare, in una delle tante carrette dirette alle nostre coste.

Un esserino venuto al mondo a dispetto di tutto, che la madre ha chiamato Yeabsera: dono di dio.

E per un bimbo che nasce un altro muore, nelle notti fredde che vedono lo sradicamento di un’umanità errante.


Ai piccoli del Giappone si potrà spiegare che la natura può vendicarsi e scatenare terremoti e tsunami e che l’uomo è tremendamente abile a scatenarli. A loro bisognerà ricordare, ma se per questo al mondo intero, il gesto eroico del volontario che per salvare i compagni più giovani, si è finto esperto del reattore 4. Quell’uomo ha detto di aver trovato, con quel gesto, un senso alla sua vita, ma spera anche che questo suo sacrificio serva al Paese per riflettere sul nucleare.

I bambini sono i pacchetti della miseria che trasportiamo, figli di una disperazione che non conosce democrazia né quando lascia le proprie sponde né quando ne raggiunge di nuove.

In Giappone ci sono migliaia di bambini che nello tsunami hanno perso anche l’identità e non sanno più se la loro famiglia si è salvata. Disegnano e realizzano origami, nella loro cultura un’antica leggenda dice che se costruisci 1000 gru di carta vedrai realizzati i tuoi desideri.

I bambini del Giappone sono raccolti in centri di accoglienza improvvisati e perfettamente organizzati; i piccoli profughi a Lampedusa separati, per prassi, dagli adulti rischiano di sparire e, dal momento che sono ancora in attesa di identificazione, nessuno saprà mai più niente di loro.


Ci penso continuamente a questi germogli, così spaventati e feriti a morte. E quando sento parlare di ricostruzione penso proprio a quelle creature, ai loro animi e alle realtà da reinventare.

A quegli occhi spalancati su mille pericoli. Perché i bambini non scelgono ma sono i primi a subire.