22 gennaio 2011

La buona ora

Bae in bon’ora, dicono i vecchi qui da noi quando ci salutano.

Che sia buona l’ora in cui vai via.

E’ un modo di lasciarti andare benedicendoti e, sebbene ormai avrei dovuto farci l’abitudine, mi capita ancora di rimanerne colpita.


E’ sempre una buona ora

quella che ci chiama ad alzare la testa, e ci intima di agire, di imprimere una nuova determinazione nelle piccole cose, che per quello sono le più grandi.

E’ una buona ora quella che ci fa intravvedere orizzonti possibili e ci regala il lusso dell’immaginazione. E’ l’ora giusta quella che ci fa conoscere una tregua nel dolore.

E anche quel momento preciso in cui lasciamo le zavorre, è una buona ora, quello in cui facciamo passare i brividi buoni e dissotterriamo gli abbracci nascosti.

Dalla lontananza, dalla distrazione, dalla paura…

E’ sempre una buona ora quella che ci vede prenderci cura di noi stessi.

11 gennaio 2011

esimersi

Volevo chiudere gli occhi su questo mio tempo difficile, e su quello difficile per tutti.

Sul ricatto agli operai, ché una cosa così non si era mai vista.

Tapparmi le orecchie,

non ascoltare l’ultima invettiva del santo padre sull’educazione sessuale…

Chiudere gli occhi sul neonato morto di freddo a Bologna, certamente nell’indifferenza più o meno generale.

Volevo esimermi, non sentire altro. Difendermi dall’assalto del brutto e del peggio.


Ma avevo coltivato sufficiente speranza…

Durante la mia infanzia, la fine dell’estate era sancita dall’approvvigionamento della legna per l’inverno. Una volta sistemati i ciocchi, ci si sentiva veramente al riparo da tutto. Questa esperienza mi è rimasta incollata addosso e per fortuna, quest’anno, insieme alla provvista della legna per l’inverno avevo sistemato anche la provvista di fiducia, senza quella sì che si sta al freddo!