25 ottobre 2009

...porte aperte...

Nel 1994, molto casualmente, ho acquistato un’edizione de L’arte della gioia di Goliarda Sapienza e ne sono rimasta conquistata. Poi nel 2008 la casa editrice Einaudi, svegliatasi dal lungo sonno (soprattutto dopo lo strepitoso successo ottenuto dal libro in Francia), decide di pubblicarlo integralmente. Le recensioni sui maggiori quotidiani parlavano della “prima volta pubblicato in Italia”…Ma come!!! Esclamavo…Io l’ho letto tanti anni fa! Ce l’ho, edizioni Stampa alternativa c1994! La mia ricerca mi ha portata a scoprire tante cose poco simpatiche sui rapporti editoriali del vedovo di Goliarda con la casa editrice indipendente ma, cosa più interessante per me, che Stampa Alternativa aveva fatto uscire “a puntate” L’arte della gioia, ogni parte pubblicata poteva costituire un romanzo a sé (ed è vero). Quella che avevo letto io nel ’94 era dunque la prima parte e quella di Einaudi sarebbe stata l’edizione integrale. Che, ovviamente, ha un altro sapore. Comunque buonissimo e che vorresti non finisse mai.


Durante l’estate mi sono imbattuta nella recensione di un libro, di prossima pubblicazione, sulla vita di Goliarda Sapienza. Ha ricevuto una segnalazione al Premio Calvino 2009 ed è scritto da una documentatissima studiosa siciliana che ne ricostruisce la storia a partire da quella, non meno interessante, dei genitori della scrittrice.


La porta è aperta, è il titolo del libro. Giovanna Providenti, l’autrice.


Parlare o ricordare la vita davvero singolare di questa eclettica donna di inizio ‘900... Leggerla e contestualizzarla nell’Italia nostra, in questo Paese moralista e bigotto e (allora) in fermento...


“Goliarda Sapienza certamente assomigliava al suo nome che sposa una ardita temerarietà con una dolce saggezza.[…]” scrive di lei Dacia Maraini nella prefazione a Lettera aperta.

Amava la vita e l’amore e le storie forti e intense, Goliarda. Forti come i suoi personaggi che ti restano incollati addosso per un po’. Goliarda nemo profeta in patria, che scrive forsennatamente per finire il suo capolavoro e sta male quando è prossima alla fine. Goliarda resistente, vicino a Saragat e Pertini. Goliarda libera, Goliarda in galera che riporta ne L’Università di Rebibbia ritratti forti di donne dietro le sbarre. Goliarda senza una lira, spiantata.

Gli amici e le persone care avevano chiesto, senza ottenerlo, che le venisse assegnato il vitalizio previsto dalla legge Bacchelli. Aveva avuto molti amici e molti amori ma se n’è andata a morire sola, nella sua piccola casa a Gaeta. Dove, come di consueto, la porta non veniva mai chiusa, di proposito. A Roma aveva affisso un cartello nella porta della sua abitazione, in cui si rivolgeva agli eventuali ladri dicendo di prendere quello che volevano ma di non sfasciare niente. Avvertiva che dentro c’erano solo cose vecchie, preziose solo per lei. “Entrate pure. Ma non rovinate nulla. Per favore…".

Come si fa a non amare una persona così, aperta come le sue porte? Mi sono appassionata negli anni ad approfondire la sua storia, perciò sono così impaziente di leggere il libro di prossima pubblicazione che son sempre lì in agguato a battere il piede per terra!


Racconta l’autrice della biografia

“ […]Il corpo senza più vita di Goliarda Sapienza è stato ritrovato dai carabinieri il 30 agosto del 1996: nella sua abitazione di Gaeta, riverso sulle scale tra un pianerottolo e l’altro. Il suo cuore aveva cessato di battere tre giorni prima del ritrovamento, trascorsi senza che il telefono avesse mai squillato e nessuno avesse provato ad entrare, nonostante l’esistenza di Goliarda sia stata ricca di amori e amicizie e le porte di ognuna delle case da lei abitate siano state sempre aperte.

Dentro la borsa i soliti notes che portava sempre con sé per scrivere ovunque andasse. Su un tavolo in disuso, poggiata in mezzo ad altre cose, un’agenda a fiori dove negli ultimi anni segnava ogni giorno il proprio peso e, se non aveva altra carta, scriveva emozioni dettate dal momento. L’ultima è la seguente: la vita mi costringe a viverla … ho paura".

19 ottobre 2009

mi riguarda

Mi riguarda
lo sguardo sconsolato
di certi anziani per strada
e il silenzio sordo

di quelli dimenticati

in ospizi dai nomi altisonanti


Mi riguarda la pioggia
che lava le strade sudice
di certe sudice città
La pioggia che se sei triste
ti aiuta a piangere
e se sei felice
ti fa venire voglia di saltare sulle pozzanghere

Mi riguarda
la sofferenza
di tutti gli esseri viventi
comprese le cavie da laboratorio
Il sequestro di persona mi riguarda
anche quello messo in atto dallo Stato
nei confronti di cittadini
in attesa di giudizio


Roberto Saviano, in questo ingrato Paese

Mi riguarda

Che debba portare una scorta

E che qualcuno oggi pensi di negargliela

Non posso distogliere lo sguardo

Perché mi riguarda


Mi riguarda
il povero
che non può pagarsi un

buon medico
Perché chi può pagarlo,
quasi sempre, proprio per questo,
non paga.

Mi riguarda l’incomprensione, l’equivoco che non

trova la luce

La trave nel mio occhio

Quando mi impedisce di vedere, guardando,

le cose del mondo

Quelle che sono a posto, perché esistono


E quelle che sono lontane da me e dalla mia vita

Semplice e di fatica e però comoda

Non posso distrarmi dall’umanità che

avanza con me

Su questa terra ferita, violata, derisa

Che sembra ci spetti di diritto


Di tutto ciò che ho intorno molto mi riguarda

E io mi sento così piccola…

10 ottobre 2009

Greg

Greg era stato abbandonato insieme al fratello una notte di capodanno, al freddo e al gelo, davanti al canile Qua la zampa. E’ avvenuto lì il nostro incontro, in un momento in cui leccarsi le ferite era un bisogno reciproco. Entrambi abbandonati e bisognosi di coccole. Io ero andata a prendere un cane ma Greg viveva in assoluta simbiosi col fratello Leo, camminavano proprio attaccati, andavano a bere e a mangiare sempre insieme e separarli sarebbe stato crudelissimo. Così anziché un cane ne ho portati a casa due. Greg e Leo mi hanno protetta, amata e consolata quando da nessun umano avrei accettato conforto. Ci siamo fatti compagnia e ci siamo amati, e mi piaceva pensare che insieme volessimo superare il reciproco terrore dell’abbandono. Come se si potesse…

Ora Greg non c’è più, in questi ultimi due mesi si era ammalato, abbiamo sofferto e affrontato insieme ogni possibile terapia e prima che io fossi costretta a ricorrere all’eutanasia, se n’è andato così, dolcemente. Ha aspettato che tornassi (ogni giorno col cuore in gola) dal lavoro, e poi è uscito dalla cuccia e si è addormentato davanti l’ingresso di casa.


Così l’ho trovato dopo essermi allontanata per un attimo da lui.


Greg era il mio amichetto fedele, simpatico e combina guai. Mi piaceva da morire quel musetto e quella mascherina nera a metà…Mi piaceva quel cagnetto, qualunque posizione assumesse, mi incantavo spesso a guardarlo….

La notte scorsa ho atteso il canonico concertino notturno che non c’è stato, anche Leo si è chiuso nel suo silenzio e io durante la notte non sapevo più come fargli arrivare la mia vicinanza…L’improvvisa assenza di Greg riempiva ogni spazio.

A poco serve ripetermi che l’ho strappato da una vita in canile e che gli ho permesso di vivere libero e felice col fratello, che insieme siamo stati benissimo e ci siamo scambiati tutto l’amore e la devozione del mondo. Mi serve a poco perché il suo corpicino saltellante mi manca e mi mancano oltre ogni dire quegli occhi profondissimi che mi parlavano.

Mi manca il piccolo Greg e oggi mi sento inconsolabile.

Ed è strano l’amore, che quando è vero e grande, ti fa provare dolore e tenerezza e gratitudine insieme.

5 ottobre 2009

Negra querida...

l'Argentina piange la sua cantora popular

2 ottobre 2009

sono tremenda

Io sono tremenda, è vero. Non riesco a soprassedere tanto facilmente, è un mio limite…lo confesso pubblicamente.

Sono tremenda in quelle situazioni che mi vedono pericolosamente coinvolta, da muta e involontaria spettatrice, e inadatta ad esercitare l’autocontrollo...Situazioni a volte gravi, altre solo indicibilmente fastidiose, anche per l'inevitabile messa in discussione che ne deriva. Sarò rigida e intransigente?

Qualche giorno fa, in biblioteca, ho sentito una signora che inveiva contro i cani per strada, che “sporcano, portano malattie, hanno questa mania di unirsi in branco, sono aggressivi…Quando uno gli animali li compra, stia sicura – raccontava alla sbigottita bibliotecaria – che non si ritrova con sorprese, come con questi bastardini vagabondi…”.

La signora parlava con un tono di voce sostenuto, quanto di meno appropriato in una biblioteca… Quando mi sono guardata attorno, ho avuto la netta sensazione che neanche il diminutivo di bastardo avesse permesso agli uditori di scorgere un pizzico di umanità in quella figura altera…

Ecco, appunto, una di quelle situazioni in cui fremi per intervenire e dire la tua ma non puoi, (a prescindere, in questo caso, dalla sacralità del luogo), non puoi per questione di decoro forse? di rispetto, di educazione, di codardia?…..chi lo sa!

Non potevo ricordarle quanto sporcano gli umani, quante malattie trasmettono gli sconsiderati e gli sfortunati, quanta mania incontenibile nell’essere umano di unirsi in branco, e in merito all’aggressività…. lasciamo stare! Così come non potevo mettere l’altezzosa signora di fronte al fatto che, al pargoletto che accompagnava in biblioteca perché si acculturasse, stava offrendo un pessimo esempio. Mi faceva una rabbia!!!

”Ma perché non prende i suoi libri e se ne va?” pensavo ansiosa.

Una di quelle situazioni in cui si riduce a pezzetti il foglio di carta che si ha in mano o che, per chi lo fa, ci si rosicchia le unghie, o che si stringono i denti… Sono tremenda! Non so razionalizzare il fastidio che provo e vorrei diventare sorda per un momento.

La libertà di parola però è anche questo, mi dico.



Questo post rientra nella categoria Interventi repressi, non uso tag ed etichette normalmente, ma ho deciso di raccogliere tutte quelle situazioni in cui la mia pazienza è fortemente messa alla prova, più nello specifico tutte quelle situazioni in cui non ho potuto dire la mia semplicemente perché non ero l’interlocutrice scelta.

Quei momenti in cui sarebbe stato lecito mi si rispondesse (a seconda del grado di confidenza):

“fatti gli affari tuoi!”