27 marzo 2009

sguardi

Quel ragazzino di cui incontro spesso gli occhi

chiede amore e attenzione con gesti inusuali

Con lui vorrei che le parole non fossero così importanti

Perché quelle sbagliate non puoi rimangiarle


Mi piacerebbe che il mondo che vede ad occhi aperti

Somigliasse un poco a quello che sicuramente vede ad occhi chiusi


Quel ragazzino mi si ferma spesso nel cuore


Mi piacerebbe che conoscesse saluti che sono arrivederci

E mai addii


Quegli occhi che mi parlano

Mi dicono che sarebbe bello se non esistessero i pensieri quadrati

E che le promesse si mantengono perché le mancanze si pagano


Mi dicono che sarebbe bello che la pazienza non avesse limiti

E che mille altre occasioni per lui fossero possibili

Perché mi ricordano che neanche la legge divina è uguale

per tutti


Si muove leggero, lui

come di chi deve sempre stare attento a non far rumore

E tiene le cose in mano stringendole così forte

che gli puoi vedere le nocche bianche

Quel ragazzino mi piace perché mi fa alzare la testa

e inclinarla di lato

25 marzo 2009

TUTTA MIA LA CITTA'

Non bisogna essere catastrofisti, pessimisti, allarmisti...

Il rassicurante “Piano Casa” preparato dal Governo e che in settimana verrà discusso (e, sicuramente, approvato!) ci restituirà uno stravolgimento architettonico delle nostre città e, in generale, un attentato alla salvaguardia ambientale.

(Ma perché? Arriveranno le centrali nucleari?)

Forse sarà abolita la parola salvaguardia.

Le campagne diventeranno pian piano aeree edificabili, si finirà per avere le case ovunque e gli speculatori edilizi ingrasseranno del cibo generosamente offerto dal lungimirante Premier. Pensa al consenso che raccoglierà da tutti quei cittadini cui basterà un’ autocertificazione o un geometra consenziente per aumentare le volumetrie! Chi resisterà alla ghiotta occasione? Quanto consenso dagli imprenditori edili, dagli speculatori edilizi, dagli abusivisti in massa! Accontenterà anche qualcuno di sinistra questo ballo del mattone? E’ così che gira e prende quota l’economia!

Sarà il tempo degli ingordi.

E noi, i dissenzienti, che poco possiamo, come dobbiamo mostrarci se non allarmisti?

Mi viene in mente un bel modo di dire dei Tuareg per indicare lo stato di sottomissione:

“Siamo sandali che obbediscono ai piedi di chi li calza”

21 marzo 2009

interrogativi

Come si esce dagli ingarbugliati equivoci?

Dove vanno a finire le domande inevase? Gli interrogativi che non trovano risposta, ma non perché noi non siamo stati in grado di trovarla, ma perché da chi l’aspettavamo non è mai arrivata… Quante volte si “passa oltre”? Quanto volte l’amore per il quieto vivere fa cambiare discorso, con la necessità con cui si volta la pagina di un libro?

Affrontare e sviscerare le cose fino a sfiancarsi è forse troppo, è una follia che non ci si può permettere, però…anche girare l’angolo, anche cambiare strada, è una decisione per il futuro. Si chiude una porta e su quello non si torna. Una di quelle cose irreversibili. Una specie di condanna. Non si vive benissimo con gli interrogativi a metà, con le cose che dentro la nostra testa assumono col tempo i significati più bizzarri. Inutile esercizio quello di darci da soli delle risposte che altri avrebbero dovuto fornirci.

Ci sono domande che restano sospese e che vivono di vita propria. Ostinate come il vento di maestrale.. Certe domande sono come i fogli intonsi dei nostri quaderni, come le tele che restano bianche.


Ed è uno strano destino per chi invece odia le domande. Una specie di pena del contrappasso.

Ma non tutte le domande e non da tutti indistintamente. Quando qualcuno con cui non ci diremmo propriamente in intimità, fa una domanda diretta, a bruciapelo, magari una domanda anche indiscreta… non proviamo imbarazzo più per lui che per noi chiamati a rispondere con sincerità? Non parlo di quelle domande, né di quelle persone. Parlo del nostro vivere quotidiano, dei legami che contano. Parlo di domande poste con sincero interesse a chi avrebbe dovuto capire che meritavano delle risposte. Parlo di domande poste anche fin da quando eravamo bambini, che non sono mai state prese in considerazione. Di quelle rivolte ad un amore che ci strappa la vita e se ne va senza rispondere. Quelle domande stupide per tutti ma non per chi ci conosce. Gli interrogativi che soli soli se ne vanno a zonzo nella nostra testa a volte chiedono vendetta per essere stati ignorati. Come dentro nuvole di giorni arrabbiati vedo questi interrogativi, e penso – nelle belle giornate – che faremmo bene, infine, a liberarcene.


[il disegno è mio]

18 marzo 2009

il preservativo fa male

In quale dimensione pensa di vivere il Papa? Non certo su quella terrena se manifesta condanna della prevenzione con i preservativi in quella parte del mondo dove 22 milioni di persone sono colpite dal virus dell’HIV. Ma dove vive questo pastore di pecorelle smarrite? Come può dire cose così gravi e irresponsabili in un continente dove l’HIV è la prima causa di morte? Dove intere generazioni sono state sterminate dalla malattia, in un continente dove le cure sono più o meno irraggiungibili? L’avversione all’amore non finalizzato alla procreazione non potrebbe per una volta chiudere un occhio? Niente di nuovo sotto il sole, certo, conosciamo tutti a memoria le posizioni della chiesa e ogni santo giorno l’ingerenza sulla laicità dello Stato, da noi, è pesante…Ma di fronte al dolore del mondo, di fronte ad una così grave emergenza…dov’è il cuore degli uomini di buona volontà? Purtroppo il problema non è solo quello che sentenzia il Papa, anche i Ministri africani sostengono che il preservativo non risolve il problema, il problema è anche la sicurezza e l’igiene, la formazione. In un’intervista, il direttore di Nigrizia (il mensile dei missionari comboniani) dice:

“Quando circoncidi 25 ragazzi con lo stesso coltello non ti salva il condom” e fa capire che, comunque, non tutti i vescovi africani si attengono rigorosamente ai dettami del Papa. Sarà perché VIVONO il dolore e lo respirano mentre alla latitudine dove vive il Pontefice quel vento non arriva?



16 marzo 2009

scambi

Doppiopetto


Mi piace la tua vita – fammela provare

voglio vedere come mi sta.

Te la restituisco subito.


[Donatella Bisutti, da: Inganno ottico, Società di Poesia, 1985]


Questa poesia mi piace da molto tempo…Ogni tanto fa capolino e mi diverto a trovarle dei significati diversi, a giocare con il senso. Anche se la mia vita mi piace, penso che sarebbe bello indossare la vita di qualcuno, vestire i suoi sentimenti, osservare il mondo con i suoi occhi, provare i suoi gusti. Calarsi nel pozzo dei suoi ricordi, gioire della sua esaltazione e piangere le sue lacrime. Accade quando ci si innamora, allora accade di averne voglia. Ma fuori da questo ambito, liberi da questo impulso, quanto ci piacerebbe calarci nella vita di un altro? Indossare la sua vita con tutto quello che la abita? Vabbè…se fosse possibile restituirgliela subito, i più coraggiosi potrebbero tentare l’impresa e i più timidi rinunciare fin da subito alla tentazione. ..Ma di questa poesia il verso più illuminante è, per me, quel “voglio vedere come mi sta”. Perché a pensarci, il confronto con gli altri, quando non rimane in superficie, offre questa prelibata occasione: di prendere ciò che ci piace e di provare ad adattarlo a noi, può darsi che non funzioni, può darsi che la conclusione sia: non fa per me. Ma può darsi che sia un’aggiunta preziosa, una cornice che completa un quadro, due colori primari che ne creano insieme uno non primario ma più luminoso…Ci sono persone di cui mi piacerebbe indossare la vita, ma se poi non riesco più a restituirgliela?

12 marzo 2009


Quando accendo il fuoco accade che per qualche minuto sto lì, inginocchiata, ad aspettare che la fiamma parta, avvolgendo rametti, carta e foglie secche. Mi incanto sempre, perché ad osservare il fuoco inevitabilmente ci si incanta. E’ sua quella prerogativa. Quei minuti di attesa, di assenza totale, quasi di trance…ho capito che mi servono! Ma oggi era davvero primavera dappertutto, anche nelle facce delle persone e nelle finestre delle case, nei rami degli alberi presi d’assalto da impazienti volatili, e…tutto sommato…penso che farò volentieri a meno dell’incantesimo della fiamma che arde :-)


Primavera d’intorno brilla nell’aria e per li campi esulta, sì ch’a mirarla intenerisce il core

[Giacomo Leopardi]

10 marzo 2009

Rimpianti







Supposto che il rimorso sia un sentimento legato a qualcosa di cui ci pentiamo, mentre il rimpianto è un sentimento per qualcosa che non c’è più o che non si è potuto verificare…Devo dire che è da quest’ultimo, il rimpianto, che sempre ho cercato di scappare. Crescendo in seno alla religione cattolica forse ci si abitua all’idea di rimorso legato al pentimento. Ma al rimpianto non si viene preparati. Il rimpianto è una brutta bestia, e io non voglio conoscerla! Me lo dico arrabbiata, perentoria. Mi è capitato di averlo provato per un’altra vita che credevo l’unica possibile. Solo per quell’occasione ho indossato scampoli di rimpianto. Per il resto, per quello che individualmente si può sognare, perseguire, ottenere infine... bisogna battersi, non lasciare spazio all’insidiosa inquietudine che svia da se stessi e dai propri desideri. Nel rimorso trovo il dolore per un frangente vissuto male, però…comunque vissuto. Ma il rimpianto di non averlo fatto, la preclusione spesso a priori, quanti pesi carica?

Sono zavorre i rimpianti. Anche contro questi dovrebbero vaccinarci appena nati!

E penso, oggi, ad un’amica che è morta a 79 anni contenta di andarsene. Gli ultimi anni della sua vita erano stati una continua e profonda delusione. Le persone l’avevano delusa, e io non avevo mai conosciuto nessuno che desiderasse andarsene così, che continuamente chiedesse ad un dio, cui non molto credeva, di porre fine ai suoi giorni. Alla fine se n’è andata, è stata accontentata. E pareva ridicolo persino piangerla visto che si era compiuto il suo desiderio…

Oggi, ogni tanto, mi prende un sottile rimpianto di non essere riuscita a smentirla, a dimostrarle quanto la vita può essere bella se ad essa ci si apre, il rimpianto di non essere bastata, con pochi altri, a colmare le sue delusioni. E a volte penso che, a spegnerla definitivamente, sia stata l’incapacità di accettare i cambiamenti.

Ma questa è un’altra storia.

Non ho il rimpianto di aver chiuso definitivamente con qualcuno, non ho il rimpianto di aver taciuto i miei pensieri e di essere arrivata troppo tardi, non sento il rimpianto di non essere stata chiara. Ma ho quello di non aver capito, qualche volta, quando ce ne sarebbe stato bisogno. Ho il rimpianto di non essere cresciuta con due genitori al mio fianco, ma delle famiglie che ho saputo costruirmi sono fiera e niente, niente rimpiango.

A volte capita di sentire qualcuno confessare mestamente “non gli ho mai detto che gli volevo bene”…Questo rimpianto non lo conosco, perché i miei sentimenti sono manifesti, per abitudine, per carattere, forgiato da un affetto zoppicante ma robusto. Bisognerebbe evitarseli i rimpianti, fermarsi un po’ di più a pensare, prevenirli come si fa con le carie…


6 marzo 2009

pregiudizi

Ai più grandi pensatori, scienziati, scrittori, pittori…creatori in genere, è accaduto di essere derisi e, nella più gentile delle ipotesi, non compresi. Mi viene in mente una delle critiche più bizzarre mosse a Marguerite Yourcenar a proposito del suo capolavoro Memorie di Adriano: “virilità di pensiero” e “stile maschio”. La Yourcenar fu perseguitata a lungo da questi pregiudizi poiché all’epoca molti giornali e riviste letterarie uscirono con espressioni qualificanti come “fermezza virile del suo stile”, “libri poco femminili per la scelta degli argomenti”.

Nella meravigliosa biografia della scrittrice, Josyane Savigneau commenta

“[…] Se un uomo, invece che i Mémoires d'Hadrien avesse scritto in prima persona un magnifico ritratto di donna, chi si sarebbe sognato di parlare della “deliziosa femminilità del suo stile”? […]”


Tra le tante mancanze che ancora si perpetuano nei confronti delle donne, mi pare ci sia questa continua negazione del suo sapere, quasi uno sminuire penoso che cela spesso un senso di inferiorità intellettuale...


Marguerite Yourcenar muore, nel 1987, altamente superiore a quei pregiudizi i quali, invece, sopravvivono a dispetto di tutto.

Così qualche giorno fa una studentessa inglese fa notizia perché da “perfetta bruttina” ha stravinto per la sua conoscenza e memoria in un quiz televisivo molto in voga in Inghilterra. Il quotidiano Daily Mail ha persino lanciato un questionario ai suoi lettori.

La domanda è “Meglio belle o intelligenti”?

La studentessa ha commentato che se avesse vinto un ragazzo non avrebbe fatto così scalpore.

Sarà dovuto, l’interesse suscitato, all’aspetto fisico della ragazza? O al fatto che a saperne tanto fosse una donna? Oppure ancora che nonostante donna e nonostante bruttina avesse superato tutte quelle prove?

Intanto alla studentessa, che si chiama Gail, è già arrivata da parte di una rivista la proposta per un calendario strapagato che lei ha prontamente rifiutato.

Troppo out