19 aprile 2013

Sottrarsi


[C.Monet, Le pont japonaise a Giverny, 1899]

“…non si può trovare la pace sottraendosi alla vita, Leonard…”



Aveva ragione Virginia Woolf, e a verità di tale portata ci si arriva quando si è conosciuto l’abisso.
Aveva ragione, ma dovrei crederci davvero con tutta me stessa, viverlo come un monito o un più morbido e carezzevole invito. Poco conta che questa riflessione venga da una donna che ha poi scelto di porre fine alla propria vita. Per me conta quanto l’ha cercata quella pace, sebbene in lei la ricerca di pace seguisse lo stesso passo della sua sottrazione alla vita. Le due cose collimavano.

Quanto la invochiamo questa parolina piccola piccola!
Pace per portare a fondo il respiro, pace dal tormento, dalle ossessioni, dalla fatica di condursi.

Eppure…capita di sottrarsi alla vita. E possiamo scegliere di farlo in diversi modi…
Non nutrendoci
Sottraendoci agli incontri
Coltivando il nostro orticello anche se con le antenne tese al mondo
Rendendoci schiavi di una dipendenza
Vivendo e nutrendoci solo della nostra disperazione, fino a diventare impenetrabili persino dalla luce…

Vivo e vedo modi diversi di sottrarsi alla vita.
Quasi sempre, a me sembra di trovare conforto e un minimo di senso quando sto all’aria aperta, china sulla terra, ingarbugliata tra rami ingarbugliati, a graffiarmi mani e braccia, ad osservare i mutamenti della natura, ad incantarmi…
Ma è pace quella? O è semplicemente una condizione consona alla mia natura, un riparo dal mondo, un personale e momentaneo sollievo?
Quando smetto di lavorare e torno dentro, pian piano sento di non essere più così, dunque non ho pace.
Perché aveva ragione Virginia. La pace si costruisce conducendola, la vita
…non negandosi ad essa.
Così oggi mi sembra. Ma i miei cavilli sono suscettibili di cambiamenti…
Sicuramente poco indulgente con me stessa, se dovessi darmi un voto per le mie sottrazioni sarebbe un cinque meno.
E con un voto così vado pure cercando la pace? Pretenzioso!
 

7 commenti:

adele ha detto...

Certo che vai cercando la pace, che si va cercando la pace, si è coscienti, ci si pone il problema, si è davanti alla ' cosa'e si cerca di non fuggire.
Ci si conduce per mano, ci si ferma ad ascoltare tutto quello che da dentro viene, non ci si sottrae e non si fa più finta di niente.

Qui, di fianco, sulla tua pagina leggo "... calpestata l'erba diventa un sentiero ".
Il sentiero è segnato e lo si percorre anche se ci sono giorni in cui la vista è offuscata e fatichiamo a ritrovarlo...ma il cammino resta segnato.

arnicamontana ha detto...

E' così Adele, e lo scrivi bene...
Grazie per quel "ci si conduce per mano" che mi è piaciuto tanto.

minimo ha detto...

Non esiste una vera dicotomia tra la pace e la vita, esiste semmai tra essa e la monotonia grigia del non saper cogliere lo spirito vitale che ogni esitenza porta in grembo.
La pace, intesa come sorriso alla bellezza di vivere, la cerco da sempre e questo significa che in qualche modo devo averla conosciuta in un tempo lontano che adesso non ricordo più.

arnicamontana ha detto...

minimo: io l'ho conosciuta la pace e non voglio che diventi solo un ricordo...Non ho mai provato quella che Svevo chiamava "inettitudine alla vita", se non in momenti circoscritti...

"sorriso alla bellezza di vivere" è una bella espressione...
Grazie del commento

Ally ha detto...

Riuscire a scindere la scelta di esserci o di starsene da parte, credo che conoscersi nella scelta sia importante.
A.

marina ha detto...

la sottrazione mi sembra l'unica ancora di salvezza

arnicamontana ha detto...

Marina...sottrarsi al cibo non può essere un'ancora di salvezza, le altre modalità forse talvolta sì. Sicuramente. Grazie dell'attenzione