12 maggio 2012

...dal carretto degli interrogativi



Molto tempo fa ho scritto un post per raccontare di un libro dal titolo La grande domanda, e se volete potete leggerlo qui.

Nella mia vita ribaltata, Ora, inizio ad immaginare di incontrare gli stessi personaggi ma a cambiare è  la domanda. Dal carrettino degli interrogativi che mi porto sempre appresso, è spuntata fuori una domanda che è l’inverso di quella del libro. Quello che voglio sapere adesso non è perché veniamo al mondo, voglio sapere perché ne veniamo sottratti. (E senza entrare nel merito del come…)

[A dirla tutta, ho capito che a me questo mondo dove si entra e si esce una sola volta non mi piace proprio per niente, troppo troppo restrittivo!]

Forse le risposte più probabili alla nuova domanda sarebbero:

perché ogni cosa ha un inizio e una fine
perché non si sopporta più il peso della vita
perché lo si sopporta amandola troppo
perché la crudeltà può essere parte integrante del percorso
perché ogni cosa è scritta
perché siamo alberi e non pietre, gli alberi crescono, prosperano e muoiono
le pietre si consumano secondo me quando sono già stanche di esserci
perché la bellezza persino lì risiede, a volerla vedere
perché era necessario lasciare un insegnamento
(e l’insegnamento può essere quello di amare di più la vita, come suggeriva La Morte in quel libro)
perché si potesse capire meglio il segreto dell’amore
perché…


P.S.: il genialissimo Wolf Erlbruch si è occupato anche del tema della morte raccontata ai ragazzi in L'anatra, la morte e il tulipano e se ne può vedere il video qui

5 commenti:

rom ha detto...

"Nella mia vita ribaltata..."
Scusa, ma perché non ribalti il carretto invece della vita?
Ah!, capisco, non sei tu che hai ribaltato la tua vita. Qualcuno, qualcosa, te l'ha ribaltata.
O forse ti eri messa nel carretto delle domande e quando per evitare di soffrire troppo sei andata a ribaltare il carretto ti sei ribaltata pure tu che eri diventata quelle domande.
Ma non stai stretta in quel carretto? Lì ci può stare una bambina, al più. Come tra le braccia della figura del post prima di questo.
Come è possibile andare senza carrettino di infelici domande e infelici risposte? Va a sapere chi lo sa! Anche perché se lo sa non sa come dirlo, non è una cosa dicibile.
Però c'è qualcosa che non mi torna, restando sul piano delle parole, delle domande: se la vita è questa, noi non abbiamo gli strumenti per viverla?
Se ci sono le malattie, le disgrazie, la morte, i mille urti possibili della malasorte, se così è la nostra vita, che?, siamo un errore, siamo sbagliati, c'è qualcosa che non funziona in noi, per cui non siamo capaci di vivere senza angoscia nera o nerissima a volte devastante?
Non ci credo.
Una via, una via comunque, c'è.
O almeno è possibile. Poi se uno non la trova, o non ha il tempo di trovarla, perché un tempo ci vuole, e uno muore prima perché era già abbastanza vecchio quando gli è capitata la cosa tremenda, va bene, può accadere. Ma c'è, un modo, dentro ciscuno di noi, una via, dentro ciascuno di noi, per tornare alla vita dopo un dolore infinito.
L'animo umano sa contenere l'infinito, tanti infiniti.

Emilia ha detto...

Cara Arnica, credo di condividere quello che senti. Sto attraversando questo momento. Ma penso abbia ragione Rom, deve esserci una strada per ritrovare la vita, io ci sto provando, ma è difficile, lo so. Mi sei molto cara da quando ti ho conosciuta e ti ringrazio per essere tornata nel mio blog perchè io non riesco più a girare. Mi sono un po' chiusa e vedi tu mi hai stanata. Grazie

guglielmo ha detto...

Per fortuna le domande sono più delle risposte. Che noia sarebbe se le "sapessimo tutte"...
Penso sia uno stimolo per andare avanti e non un freno.
ciao Arnica

PS una piccola fiaba di Borges
Un uomo del Cairo era stato cosÏ generoso da perdere tutte le sue ricchezze tranne la casa del padre. Per vivere doveva lavorare duramente.

Una sera dopo una giornata molto faticosa si addormentò sotto il fico del suo giardino e sognò un uomo zuppo d'acqua che gli disse .

L'uomo il giorno dopo partÏ e dopo un viaggio pericoloso arrivò a Isfahan. Fu coinvolto (suo malgrado) nell'incursione di ladri nella moschea ed arrestato dal Capitano delle guardie. Per farlo confessare fu battuto a colpi di canna di bambù fino quasi a farlo morire.

Il Capitano delle guardie alla fine gli chiese perchÈ fosse andato lÏ se non c'entrava nulla con i ladri e l'uomo riferÏ del sogno...
Il Capitano delle guardie rise per la sua ingenuità: anche lui aveva fatto un sogno... Aveva sognato una casa al Cairo nel cui giardino in fondo ad un pozzo c'era un tesoro... Dice: . Il Capitano, credendo alla sua buona fede, lo lasciÚ andare.

L'uomo tornò di corsa a casa sua, andò nel giardino ed in fondo al pozzo trovò il tesoro.


da Le mille e una notte, notte 351 (come raccontata da J.L. Borges)

desaparecida ha detto...

Posso lasciarti solo l'impronta dato che ho parole rotte per ora?
Un abbraccio

Arnicamontana ha detto...

Rom: grazie per il bel commento (il carretto che porto io è molto più discreto di quello rappresentato nel post)...E' vero, dentro ciascuno di noi c'è una via...Cerco ogni giorno di cercare una strada percorribile, non mi arrendo...ma certi giorni sì, eccome.

Giulia: mi sei cara anche tu, lo sai spero. E mi fa piaceredi aver stanato qualcuno in un momento in cui sento di essere io quella che deve essere stanata, perché la mia tana sembra contenere le uniche cose di cui ho bisogno...

Guglielmo: grazie della storiella di Borges, non la conoscevo e mi è piaciuta

Desaparecida: se hai le parole rotte, aspetto che si ricompongano e mi accontento dell'impronta. Un bacio

Grazie ancora a tutti