29 luglio 2011

le vie del dolore

[...] le lacrime esistono al di là della luce,
al di là della pesantezza,
e persino al di là del silenzio.
E' allora che piangiamo per davvero:
lachrimae verae.
Da questa eloquenza silenziosa
nasce una conversazione infinita.
Parola sensibile,
parola necessaria e impossibile,
la lacrima ha questo di paradossale:
più è discreta, più significa, e più sfiora,
più ci tocca nel profondo.
Stranamente silenziosa,
chiaramente visibile,
risolutamente sospesa,
è una scrittura che esiste solo
nelle sue cancellature [...]

[Da: Jean-Loup Charvet, L’eloquenza delle lacrime, Medusa, 2001]


Le vie del dolore sono infinite.

Così pure le manifestazioni di sofferenza.

Possiamo piangere e scalpitare di ribellione ogni volta che ci viene voglia. Inveire contro il mondo intero, con quelli più fortunati e con quelli che se lo meriterebbero se non fosse che il male non si augura a nessuno.

Possiamo rendere manifesto il dolore, esporlo in ogni sua manifestazione.

Viceversa, possiamo dissimulare in maniera impeccabile e nessuno mai potrà sospettare la valle di lacrime in cui ci troviamo a vivere. E quanto possiamo arrivare a trovarci persino ridicoli per tutte le finzioni e le strategie che siamo capaci di mettere in atto per aggirare il dolore.

Ancora… possiamo stare in mezzo agli altri, per tutto il tempo che ci viene richiesto, in un silenzio composto…al limite un po’ assente. Sì, possiamo costringerci a farlo. Aderire a quest’ultima possibilità per un innato senso della compostezza e della misura, o per tentare di esercitare un controllo sulle emozioni (finendo spesso per patire malamente questa auto-repressione).

Esistono modi di condurre il dolore che attivano silenzi lunghi che non vogliono essere di chiusura assoluta all’esterno. Il dolore silenzioso apprezza e talvolta agogna le attenzioni, discrete e sincere.

Ci sono tante diverse modalità di portare avanti un dolore, tutte mi paiono non solo legittime ma, di più e soprattutto, non soggette a giudizio.

Invece, siccome questi tempi ci autorizzano a giudicare tutto e possibilmente incasellarlo, noto quanti tenaci pregiudizi giacciano in chi è testimone del dolore altrui.

Ho capito che va bene se racconti i fatti tuoi fin nei particolari, allora raccogli partecipazione. Se mantieni la tua riservatezza e fai comunque capire che stai passando un bruttissimo momento, spariscono tutti. Perché se al tuo dolore non dai pubblicamente un nome, quel dolore non ha dignità, non è riconosciuto appoggiato compreso…nessuna pacca sulle spalle, nessuna parola di incoraggiamento da spendere.

Le vie del dolore sono infinite, anche perché abbiamo la presunzione di credere che sia roba degli altri il dolore, o perché il nostro ci sembra unico, ineguagliabile.

Come quando ci si innamora ci si sente primi e unici amanti sulla terra, così nel dolore…nessuno soffre come noi. Quasi quasi esiste pure una gerarchia, un dolore è più importante dell’altro, quella persona è più legittimata di un’altra a soffrire e meritare vicinanza.

Poco si capisce di quanto la sofferenza obblighi ad un contatto strettissimo con le viscere dell’animo umano, quanto modifichi e stravolga lo sguardo sul mondo e sulle cose, quanto costringa a considerare la miseria dei limiti umani.

I cristiani pregano davanti alla croce, se la portano alle labbra. Si accontentano di quel pezzo di legno, anche se nessun Salvatore vi è attaccato. Il rispetto dovuto ai suppliziati finisce per nobilitare l’ignobile apparato del supplizio: non basta amare le creature se non se ne adora la miseria, l’avvilimento, il dolore.

[da: M. Yourcenar, Fuochi, Bompiani, c1984]

13 commenti:

Angelo azzurro ha detto...

Le vie del dolore sono infinite e spesso incomprensibili ai più, magari spettatori isolati da un uscio discretamente, a buon diritto, chiuso. Non so, forse è per pudore, o timore d'interferenza il tenersi in disparte. Magari un segnale d'apertura potrebbe suggerire atteggiamenti altrettanto sinceri di riavvicinamento, che dici?

Stefania ha detto...

Se mantieni la tua riservatezza e fai comunque capire che stai passando un bruttissimo momento, spariscono tutti ....
una dura verità . Perchè togli loro il piacere di sentirsi in diritto ed in dovere di entrare nel tuo dolore , sviscerarlo per poi offrirti la soluzione , che sarà comunque quella giusta per loro e mai per te. Perchè non capiscono che il rispetto per quella perla dove conservi il tuo segreto essere non è una chiusura ma solamente e puramente un respiro di distanza , un momento di riflessione ... baci ...

Anonimo ha detto...

Sono questi tempi urlati, di sentimenti esplicitati e pubblicizzati, una società dello spettacolo dove quello che non è teatrante, non è. Se non dici di essere sensibile non lo sei, se non dici di stare male, non stai male in un mondo che dà bada solo a ciò che strepita attenzione.
Si fa dell'intimo una rappresentazione pubblica in un gioco osceno che vorrebbe essere condivisione e invece è solo egocentrismo condito da pornografia pseudo-empatica e ipocrita dei partecipanti che vogliono diventare protagonisti cannibalizzando gli altrui sentimenti per vendere i propri. Circola una schiera squallida di moralisti, giudicanti, consiglianti farisei, affettuosissimi anaffettivi che non provano nulla ma fingono e basta e quindi spaventati dal vuoto del proprio essere cianciano rumorosamente di empatia, di comprensione, di pietà, di vicinanza: tutto un inganno tondo tondo.
Allora piuttosto di questo gioco falso è meglio una solitudine composta, fare la scelta più dura e vivere la sfera del sentire come fatto personalissimo.
Capisco lo scoramento ma è il risultato di quando si fa affidamento su qualità che gli esseri umani sembrano incapaci, per noia, fatica o meschinità, di esercitare. Le persone hanno orrore della profondità e preferiscono la superficie delle cose, i luoghi comuni, le frasi fatte, le situazioni conosciute.
Troppe aspettative mal riposte cara Arnica, in bocca al lupo

“e per tutti il dolore degli altri è dolore a metà”

Lara ha detto...

Sì, cara Arnica, credo che Progvolution abbia perfettamente ragione.
Siamo in tempi urlati ...
C'è comunque anche il rispetto per il dolore altrui e, a volte, forse sbagliando, si rimane in silenzio, nonostante la condivisione.
Un abbraccio,
Lara

Arnicamontana ha detto...

Cara Angelo…la vicinanza non dovrebbe essere un impeto naturale e spontaneo? Perché mai dovrebbe essere incoraggiata da un “segnale di apertura” (che, tra l’altro, presupporrebbe un atteggiamento di chiusura)?

Stefania…
in genere non ho questo sguardo duramente disincantato sulle persone, come diceva Nanni Moretti “io credo nelle persone, ma non nella maggioranza delle persone”…Però è vero, l’abitudine di “offrirti la soluzione” è molto diffusa e fastidiosa. Grazie dei tuoi passaggi, molto graditi come le tue opere.

Caro Prog, come dico sempre solo a te…grazie per essere ripassato dalle parti del cuore. Quello delle aspettative mal riposte è un rischio che si decide di correre quando ci si mischia, quando ci si mette in gioco, quando si è fiduciosi nell’animo umano. Io lo sono, troppo, e tu me lo fai notare…c’è una parte di verità in questo.

Lara…io credo che il sentimento di vicinanza nasca dall’intimo di una persona. Se senti il dolore dell’altro trovi il modo e le parole e i gesti opportuni. Mi sono interrogata moltissimo sulla FUGA dal dolore altrui. Sul perché taluni si defilano come se tu fossi colpita da una malattia contagiosa. Penso che sì, talvolta sia pudore e discrezione.
Talvolta è il crudelissimo senso di impotenza, la paura nel constatare la fragilità umana.
Talvolta è pura indifferenza e certi aspetti che Prog ci sbatte in faccia sono reali.
Talvolta uno stupidissimo orgoglio spadroneggia su tutto e se non si assiste a quel “segnale di apertura” di cui parla Angelo la solidarietà si perde nelle tasche.
La vicinanza viene dal cuore e, come tutte le cose che il profondo del nostro cuore origina, non si cura dell’orgoglio e qualche volta neppure della discrezione.
Il sentimento di vicinanza avverte l’urgenza di esprimersi. Non infligge ad un dolore silenzioso altra solitudine.

Grazie dei vostri commenti e della vostra presenza

guglielmo ha detto...

"riservatezza" sentimento raro, rarissimo -:)))

TeZ ha detto...

Sottoscrivo il conciso commento di Guglielmo, non son tempi da riservatezza questi: se sei riservato non sei affidabile(!!!)e chissà cosa cerchi di nascondere con il tuo silenzio, forse sei solo smisuratamente superbo, chissà...
Comprendo questo tuo discorso, poiché mi sono trovata spesso ad essere vista con sospetto per la mia riservatezza.
E poi ricorda: sputtanarsi in pubblico oggi è sinonimo di spontaneità, anche se io penso che mettere fuori dal balcone la propria intimità significa non averne una. La confidenza e il confidente si scelgono, uno tra mille sì e no.

Giovanna ha detto...

Cara Angela...ricordi la poesia di Auden?..."Non servon più le stelle: spegnetele anche tutte;
imballate la luna, smontate pure il sole;
svuotatemi l'oceano e sradicate il bosco;
perché ormai più nulla può giovare."
Chi attraversa il dolore vero, quello che, per intenderci, non ti lascia più lacrime da piangere, sa cosa si prova e altrettando bene sa che nulla e nessuno può giovare.Di base è assolutamente vero che tutto scappano, il dolore, soprattutto quello muto, spaventa...perchè non esige parole ma empatia, comprensione... e come sappiamo tutti molte persone non hanno queste doti, non riescono a stare in silenzio, il silenzio mette paura e imbarazza, ci si sente inadeguati. D'altronde, cosa puoi dire a chi sta male? Passerà? Vedrai che il tempo guarirà tutto? E rispetto ai malati gravi...oncologici...che parole di speranza puoi usare? Difficile rapportarsi ai mali del fisico e dell'anima. Altrettanto difficile far capire che tu ci sei, perchè il silenzio si presta a tante interpretazioni e la maggior parte delle volte è indifferenza. Io so di essere sempre inadeguata rispetto al mio sentire, nel senso che ho nel cuore e vivo la sofferenza altrui ma son certa di non riuscire a trasmettere i miei sentimenti di grande partecipazione. Vale poco lo so, mia cara...ma credimi...sei sempre nei miei pensieri.
Ti abbraccio!

Laura ha detto...

Ciao Angela ......scusami se per tutto questo tempo nn ho mai chiamato o nn ho mai lasciato un pensiero del mio passaggio nel tuo blog.......mi dispiace....ti abbraccio forte....Laura

arnicamontana ha detto...

Guglielmo e Tereza: la riservatezza è cosa rara sì, e si paga un pochino ogni giorno...proprio perché dà adito a molti fraintendimenti.
Terezita, mi aspetto una bella pagina delle tue, un giorno o l'altro, sulla riservatezza. Un bacio...

Giovanna, la poesia di Auden...grazie, la amo dolorosamente da anni. Voglio dirti che io ti ho sentita vicina e partecipe, e che però nessuno deve sentirsi chiamato in causa! Volevo dare voce al sentimento di vicinanza che non è semplice da esprimere, lo so, però mi piace sottolineare la forza dirompente che può avere, scavalcando paure di banalità, e anche di inadeguatezza. I sentimenti, a lasciarli parlare, sono meno complicati di noi!

Lauretta...bella...non devi scusarti, grazie però di essere passata, sai quanto mi fa piacere la tua timida presenza

Marco ha detto...

intanto ti abbraccio forte..poi ti spiego i motivi..

Marco

Anonimo ha detto...

:-(°

marina ha detto...

dopo aver considerato il lutto con abiti neri, nastro nero alla giacca per gli uomini un rito senza senso, comincio a desiderare di vestirmi di nero per segnalare a tutti che sono in lutto e che desidero essere lasciata in pace.

Rispetto al mio dolore ho riscontrato in questo periodo tanti atteggiamenti diversi: curiosità malsana, partecipazione, paura, fastidio, imbarazzo, empatia...

ma il dolore è solo uno
ti abbraccio
marina